Conoscere l’opera d’arte dal vivo ci è spesso negato dal fatto di vederla, in spazi affollati, insieme a molte altre. Quando mai un buffet affina il palato? A Venezia la famiglia Buziol e Fondaco, ente per il restauro del patrimonio artistico, hanno aperto le porte della medievale Abbazia di San Gregorio, e richiamato a casa un capolavoro del Canaletto, >L’entrata a Canal Grande dalla Basilica della Salute (1740), nel luogo dove lui l’ha concepito. I visitatori, mai più di otto per fascia oraria, possono ammirarlo al primo piano del monastero, in una splendida sala ad angolo con affaccio su Santa Maria della Salute, Canal Grande e il Bacino di San Marco.
Questa loggia teatrale, ideale per un colpo d’occhio e un taglio ardito su Venezia, è stata cantiere di lavoro del vedutista, munito di fogli, matite e camera ottica per i suoi scaraboti. Trovarsi nei punti dell’«io, qui e ora» – spostamenti più che posizioni – accanto alla tela che li ha trasformati in un «egli, là e allora», è un’esperienza straordinaria.
Il titolo stesso dell’evento, Gero qua, «ero qua» in dialetto veneziano, allude, nel contrasto fra il passato del verbo e il locativo di vicinanza all’io parlante (il Canaletto che si enuncia), al cortocircuito spazio-temporale indotto nello spettatore, chiamato comunque a simulare il ruolo del pittore, in prima persona. La coincidenza del posto e la prossimità del quadro, senza cordoni né schermi di protezione, permettono di gustare l’unicità dell’opera nell’ambiente che l’ha ispirata. Point of View, un film di Francesco Patierno, curatore dell’allestimento con Tonino Zera, fa da guida passionale al percorso.
L’olio su tela, proveniente dalla collezione di Lady Lucas and Dingwall, è stato acquisito da Sotheby’s a Londra nel 1970 ed è ora proprietà di un privato. Nel 2010 Silvia e Giampaolo Buziol, in visita alla mostra della National Gallery Canaletto and His Rivals, hanno riconosciuto nel quadro un paesaggio familiare, quello appunto dal loggiato dell’Abbazia, e deciso, per legami affettivi, che valeva la pena di contestualizzarlo a Venezia. >
La veduta ritrae a destra, adiacente, l’architettura del Longhena, quinta ricettiva di ombre e luci, «ombelico di Venezia», come piacerà a Brandi definirla, seguita, in profondità, dai Magazzini del Sale e da Punta della Dogana, digradanti.
Sull’altra sponda del Canale, a sinistra, un fitto e più lontano ricamo di minute costruzioni, fra cui Palazzo Ducale e Riva degli Schiavoni, libera la vista allo spettacolo del cielo. E segna l’orizzonte senza chiuderlo. Oltre questo basso diaframma, l’occhio percepisce l’estensione della laguna. Emerge il rapporto di interdipendenza con la camera ottica. Canaletto non ricerca la fedeltà al dato, lascia all’«ordigno» (Algarotti) e a se stesso la licenza di deformare il reale.
Così, nel quadro, alcune volute tonde della chiesa della Salute divengono capricciosamente ovali. Sul campo antistante è uno sciamare di mercanti, barcaioli e gondolieri che, in vena di conversazione o nel trasporto di sacchi e botti, ritmano la scena. Gli aspetti più intimi li ha colti Maurizio Calvesi, in un video multimediale prodotto per l’evento e iniziatico a una lettura lenta dell’opera. Parla la lingua della pittura.
L’assetto urbano è il risultato di campiture cromatiche omogenee e luminose, mentre nuvole, onde, vele e presenze umane sono pasta di materia – soprattutto biacca e cadmio – depositata a grumi e sprazzi.
Calvesi indugia in un montaggio contrappuntistico fra cupola della Salute e cirri. Al diverso trattamento del colore corrisponde infatti, nei contenuti, una differenza tra facies dell’architettura, eterna, e figure in movimento, transitorie, con la condizione mista delle statue della basilica, marmoree ma viventi, silhouette animate dal chiaroscuro.
Nella loggia, l’inevitabile confronto del quadro con il vissuto contemporaneo suscita riflessioni sugli imbarcaderi dei vaporetti, totalmente disarmonici, violenti nella loro bruttezza. Gero qua è un’esclusiva di 50 giorni a Venezia 24/24 h, al prezzo di 35 euro in otto – quanto una partita di calcio – che sale però a 50 in notturna, mentre da soli o in coppia si va dai 280 ai 400 euro. Esoso, certo.
Chissà che la prossima mossa di Fondaco e gli altri sponsor, cioè Enit (Agenzia Nazionale per il Turismo) e CoopCulture, non sia di mediare fra pubblico e privato nell’avere nuove banchine per i battelli, degne del paesaggio che si godeva Canaletto.