Susanna Camusso, quando ha conosciuto Carla Nespolo?
Lei si ricordava di un dibattito fatto assieme in qualche posto sperduto nel suo amato Piemonte. La conoscenza vera è però arrivata con la sua elezione a presidente dell’Anpi.

Il rapporto fra voi come si è sviluppato? Anpi e Cgil hanno fatto tante battaglie assieme a partire dal No al referendum costituzionale del 2016.
Carla era una persona molto affettuosa. Diversamente da altri, lei ci teneva ad avere una relazione costante anche lontano dai momenti di mobilitazione comune. Nelle tante riunioni preparatorie dei 25 aprile e delle manifestazioni si era creato un rapporto stretto. Ci sentivamo spesso, era straordinariamente affettuosa, nel senso politico del termine. Aveva una grandissima voglia di unità: prima di prese di posizioni complesse e delicate lei era attentissima a non escludere, a non sottovalutare le reazioni. Allo stesso tempo però era molto determinata, molto capace di farti sentire dentro un percorso collettivo. È una dote rara.

Avete un’altra cosa in comune: siete state le prime donne a dirigere organizzazioni così importanti.
Con Francesca Chiavacci dell’Arci siamo state in tre. Tre organizzazioni con storie differenti ma vicine dirette nello stesso momento da una donna. È stato un segno di cambiamento, di democrazia. Non nego che fra noi c’era molta complicità. Carla è stata l’ultima a essere eletta e ovviamente sono stata molto contenta che l’Anpi facesse quella scelta. Un riconoscimento che man mano le donne potevano arrivare a dirigere organizzazioni importanti e complesse. Oggi – a parte le nostre organizzazioni – siamo invece davanti a un periodo di regressione su questo versante.

[do action=”citazione”]Era straordinariamente affettuosa e lavorava per non escludere. Per lei il femminismo era democrazia, diritti e rappresentanza. Lascia un’organizzazione vitale[/do]

Carla Nespolo è stata anche la prima presidente dell’Anpi che – per ragioni anagrafiche – non era potuta essere partigiana.
Ho visto che questo particolare viene utilizzato per gettare fango contro di lei. Ed è molto triste. L’Anpi da tempo aveva fatto un ragionamento necessario sia sul versante della memoria che della battaglia politica. Carla ha rappresentato la maturazione di questa progettualità che andava oltre i testimoni effettivi della Resistenza. Il fatto di non essere stata partigiana non la svalorizzava, anzi, era indice di progettualità. In più la sua famiglia aveva ampiamente partecipato alla Resistenza e i suoi racconti dell’infanzia erano la dimostrazione di far parte direttamente di quella esperienza e di saperla trasmettere. La tempra era quella e la dimostrò per esempio nella battaglia per lo scioglimento delle organizzazioni neofasciste portata avanti con coraggio e determinazione. Ed è per questo che l’Anpi oggi è un’organizzazione vitale, piena di iscritti giovani.

Forse è storicamente improprio, ma per l’impegno ad esempio contro la deriva della destra cattolica possiamo parlare di una Carla Nespolo femminista?
Sarebbe difficile inserirla in una parte del variegato movimento femminista, ma di certo lo rappresentava bene. Per lei combattere quella deriva era una questione di democrazia, di rappresentanza e di diritti delle donne. In più è riuscita a dimostrare che la Resistenza non è stata solo maschile e solo armata: le staffette, le gappiste sono state fondamentali. E con noi della Cgil abbiamo lavorato molto sugli scioperi insurrezionali fatti da donne. Su questo era molto rigorosa.

Quale eredità lascia all’Anpi? La successione sarà complicata?
Quando un lutto colpisce un’organizzazione è sempre complesso uscirne. Ma Carla lascia un’eredità importante, un’organizzazione molto presente in tutte le vicende importanti del paese. Lascia una ricchezza e un modo d’essere che faranno scegliere per il meglio.