Doveva e poteva essere una riunione veloce, il tempo necessario a comunicare l’arrivo a Montecitorio del decreto sul femminicidio e la sua assegnazione alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, come previsto dalla Costituzione. Mezz’ora al massimo e poi i pochi deputati presenti sarebbero potuti tornare in vacanza. Invece si è trasformata in un inutile battibecco durato quasi due ore, con Lega e Movimento 5 stelle che polemizzano a lungo con la presidente della Camera Laura Boldrini e quest’ultima che risponde per le rime fino a quando, di fronte alla provocazione del deputato 5 stelle Carlo Sibilia che l’accusa di aver scelto la data di ieri per la convocazione dell’aula «perché comoda alla presidente tra una vacanza e l’altra», Boldrini sbotta: «Mi dispiace veramente che il livello sia questo. Io ho fatto solo il mio dovere, il resto sono chiacchiere di chi non ha tanti argomenti».

Ecco, chiacchiere appunto. Quasi due ore (per la cronaca dalle 13,10 alle 14,50) di chiacchiere durante le quali la Camera non ha dato certo uno bello spettacolo. A partire dall’aula quasi del tutto vuota. Anche se Paola Binetti (Sc) dice che «oggi ci sono più colleghi rispetto ad altre volte» è difficile far finta di non vedere i tanti posti voti. I deputati presenti (e per l’occasione seduti un po’ ovunque vista la disponibilità di scranni) sono poco più di 100. Nell’ordine: 45 del Pd, 22 del M5S, 15 di Scelta civica, 8 di Sel, 5 della Lega, 4 del gruppo Misto e 4 del Pdl. Unico leader presente il segretario del Pd Guglielmo Epifani (che non manca di far notare come i democratici siano più numerosi dei grillini), mentre per il governo è in aula il ministro per i rapporti con il parlamento Dario Franceschini.

La seduta è di quelle comunemente definite tecniche, necessaria appunto per avviare l’iter del decreto. Ed è proprio quello che dice la presidente Boldrini, spiegando come sia la Costituzione (articolo 77) a prevedere la convocazione, se necessario anche straordinaria, dell’aula. I primi ad attaccare sono i grillini. Accusano la presidenza di aver voler dare l’impressione di un parlamento che ha ripreso i lavori, mentre invece non è così. E di sprecare soldi inutilmente. «La seduta di oggi – dice Walter Rizzetto – è costata, a spanne, 150-200 mila euro e noi avremmo preferito dare questi soldi magari ai centri antiviolenza». «Ma lei ha capito che è un obbligo essere qua?», chiede a sua volta Boldrini. «La Costituzione ce lo chiede, cosa parla di sprechi? Questo è un esercizio democratico».

Va giù pesante anche il leghista Gianluca Buonanno, lo stesso che il 30 luglio ha accusato i deputati di Sel di essere «una lobby di sodomiti». Per l’occasione Buonanno dà direttamente del tu alla presidente: «Non potevamo lavorare una settimana invece che un giorno? Devi andare al mare? Questo voglio chiederti cara donna Prassede». Replica, calma, della Boldrini: «Lo sapete che non sa esprimersi senza offendere», dice rivolta ai deputati di Pd e Sel che rumoreggiano. Controreplica di Buonanno: «Guardi che non è un’offesa, donna Pressede è un personaggio dei Promessi sposi».

Intemperanze leghiste a parte, la scena è stata dominata più che altro dalle truppe pentastellate. Che ieri sono tornate a ribadire la loro contrarietà a sostenere il governo Letta in caso di crisi. Dopo i ribaditi «No» di Grillo, a parlare questa volta è stato il capogruppo al Senato Nicola Morra: «Con un parlamento illegittimo, con pregiudicati che dettano l’agenda del presidente del consiglio…non vogliamo avere niente a che fare», ha scritto su Facebook, criticando anche la possibilità che qualche senatore del Pdl alla fine possa decidere di sostenere l’esecutivo: «Dopo aver sperato che il M5S si spaccasse, le forze della conservazione provano disperatamente qualunque escamotage pur di salvarsi», sentenzia Morra.

La strategia è sempre la stessa: duri e puri, senza offrire appoggi al governo e chiedendo subito le elezioni. Ma non è detto che sia una buona idea. L’ipotesi di tornare alle urne non piace al presidente Napolitano (che infatti vorrebbero si facesse da parte) e non è detto che al dunque, se davvero dovessero servire voti per salvare il governo, qualche senatore 5 stelle non decida di muoversi autonomamente. Anche perché i sondaggi non dicono niente di buono, con quelli migliori che attestano il M5S al 17-18%, vale a dire 7-8 punti in meno rispetto a febbraio.

Grillo lo sa, e per questo agita le acque, come al solito a modo suo. Ieri si è improvvisato ghostwriter di Berlusconi suggerendogli il discorso da tenere al parlamento: «Cari, carissimi (quanto mi siete costati) parlamentari, se oggi sono qui è per mandarvi tutti a fanculo», sono le parole che dovrebbe dire il leader del Pdl secondo l’ex comico.