«Pronti a gennaio» con il nuovo regolamento del senato. Ma pronti a cosa? «Pronti a ogni evenienza». La presidente del senato Elisabetta Casellati si ferma con i giornalisti al termine dello scambio di auguri con la stampa parlamentare. Parla di una riforma senza la quale non potrebbe partire la prossima legislatura, la prima con un numero di deputati e senatori assai ridotto (da 630 a 400 i primi, da 315 a 200 i secondi). Pronti, dunque, anche in caso di elezioni anticipate. A fine gennaio il parlamento entra nel tunnel dell’elezione del presidente della Repubblica e non si sa come ne uscirà. Proprio per la convocazione dei grandi elettori è però impossibile che le aule approvino i nuovi regolamenti prima che sia definita la partita del Colle. Il tentativo è adesso quello di arrivare con i testi delle riforme definiti e approvati dalle rispettive giunte per il regolamento. Con il consenso più ampio possibile, perché le modifiche al regolamento devono passare la doppia tagliola della maggioranza assoluta e del voto segreto.

Dopo mesi di stasi assoluta, le giunte si sono messe a correre. Anzi, sembra di assistere a una vera e propria gara tra i due rami del parlamento a chi concluderà per primo. «Il senato ha già dato una buona prova aggiornando il suo regolamento nella scorsa legislatura», fa notare orgogliosamente la presidente Casellati. La camera invece non ci riuscì. Ma la gara di corsa non agevola la collaborazione. Il rischio di avere due regolamenti non «coerenti», come invece non si stanca di raccomandare il deputato del Pd nella giunta della camera, Andrea Giorgis, è alto.

Il testo base al quale sta lavorando il senato – quello che arriverà in giunta martedì prossimo – prevede infatti una riduzione da 14 a 10 delle commissioni permanenti: sarà necessario accorpare le materie. Il che ha perfettamente senso per un ramo del parlamento che si restringe così tanto, anzi bisognerà anche diminuire il numero dei componenti delle commissioni da 22/23 a 20. Ma alla camera (dove i nuovi deputati saranno comunque di più dei vecchi senatori) le commissioni possono restare 14, evitando di appesantire i lavori. Avremo così due camere organizzate in maniera diversa in regime di bicameralismo paritario (reso ancor più paritario dalla recente omogenizzazione degli elettorati attivi).
Secondo la presidente Casellati, che è sicura di chiudere il lavoro «in un mese, anche meno», queste differenze non rappresenterebbero un problema perché «già adesso lo stesso provvedimento capita che venga assegnato a commissioni diverse nel passaggio tra camera e senato». Ma, per esempio, le sedute congiunte delle commissioni dei due rami del parlamento che si fanno adesso per accelerare le fasi conoscitive (spesso quando si tratta di ascoltare il governo) diventerebbero più difficili. Sia come sia è un fatto che, almeno fin qui, non c’è stato il coordinamento necessario nel lavoro delle due giunte.

Ci saranno anche altri interventi. Saranno adeguati ai numeri ristretti i quorum oggi indicati in maniera fissa, importanti perché garanzia per le minoranze. Un’altra novità riguarderà il gruppo misto, che è destinato a crescere visto che cresceranno i deputati e senatori eletti con una lista che non raggiungerà la soglia per formare un gruppo. Ma si farà anche l’operazione inversa, stabilendo che il gruppo misto non può crescere nel corso della legislatura e che chi lascia il gruppo della lista con la quale è stato eletto perde gli incarichi negli uffici di presidenza.