Sui 18 metri del veliero Alex della ong Mediterranea Saving Humans, nelle acque mediterranee tra l’Italia e la Libia, tra il 4 e il 7 luglio del 2019 erano in settanta, undici membri dell’equipaggio tra i quali attivisti, giornalisti, e 59 migranti soccorsi da un barcone.

ALESSANDRA SCIURBA è la presidente di quella che i fondatori, più che un’organizzazione non governativa, definiscono come un’azione non governativa. Il suo Salvarsi insieme (Ponte alle Grazie, pp. 159, euro 15) è una sorta di diario di bordo dei tre giorni trascorsi nel Canale di Sicilia, in una missione di salvataggio di migranti in acque controllate dalla Libia. È il racconto di cosa accade sulla barca a vela durante quelle drammatiche giornate dello scorso anno. È altresì la cronistoria di un’operazione di salvataggio avvenuta in uno dei momenti peggiori della storia politica italiana, con Matteo Salvini al ministero dell’Interno, la chiusura dei porti alle navi che trasportano migranti e la criminalizzazione di chi salva vite in mare. Sono i mesi dei sequestri delle navi e delle inchieste giudiziarie che prendono di mira le ong quasi fossero organizzazioni terroristiche.

Appena una settimana prima, la comandante della Sea Watch 3, la tedesca Carola Rackete, è stata violentemente messa alla berlina da media e politici della destra per aver forzato il blocco ed essere entrata in porto con i migranti recuperati in mare. Leggendo le pagine del diario, il clima di tensione di quei giorni si percepisce nelle comunicazioni con le autorità, nelle lunghe e inutili attese, nei sospetti di un dirottamento su Malta e, non da ultimo, nelle considerazioni personali dell’autrice.

Quello che avviene durante le 48 ore trascorse nella cosiddetta zona Sar libica e nelle altre nove trascorse in attesa del via libera ad attraccare a Lampedusa è una sorta di compendio dei salvataggi in mare degli ultimi anni: il blitz in acque controllate dai libici, la corsa contro il tempo per arrivare prima e la tensione del fronteggiarsi con una motovedetta di Tripoli, i rischi del trasbordo sul veliero dei migranti dal barcone fatiscente sul quale sono ammucchiati, fino all’odissea dell’approdo in Italia, possibile solo grazie a un gesto di «obbedienza civile» alla Costituzione e alle norme internazionali sui diritti umani.

LA MORALE DELLA STORIA raccontata in prima persona da Alessandra Sciurba è che le persone a bordo della barca a vela messa in mare per sostituire la più grande Mare Jonio, sequestrata dalle autorità pochi mesi prima, riescono a salvarsi solo insieme, senza aiuti esterni e senza mediazioni, nell’abbandono delle istituzioni e nel silenzio della comunità europea della quale il Mediterraneo è confine esterno da presidiare.

Il titolo del libro attiene a una dimensione dell’azione collettiva che accomuna chi ha attraversato il deserto, le prigioni libiche e le onde del Canale di Sicilia e chi, dall’altra parte del confine, si è prodigato per intercettarli prima che la meta agognata diventi una tomba, lungo quella frontiera invisibile che separa l’Europa dall’Africa. Un tempo l’avremmo attribuita a un’attitudine dello spirito che avremmo definito socialista, oggi potremmo definirla francescana, nel senso e nello spirito della predicazione di papa Francesco che proprio a Lampedusa nel 2013 aveva affermato: «Nessuno si salva da solo, su questa barca ci siamo tutti».

QUELLO CHE ACCADE dopo lo sbarco è sintetizzato nelle pagine finali: il veliero Alex viene sequestrato e lo rimarrà fino a febbraio 2020, il comandante Tommaso Stella e il capo-missione, il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, vengono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al primo è pure sospesa la patente nautica. Al contempo, i decreti sicurezza del governo giallo-verde non sono stati modificati dal nuovo esecutivo Pd-5 Stelle, gli immigrati continuano a partire, arrivare o morire in mare come prima e alla fin fine, scrive Sciurba, «le ragioni per cui Mediterranea ha cominciato a navigare sono ancora tutte lì».
Il lato oscuro delle società europee, ancora una volta si mostra volgendo lo sguardo verso l’Africa.