In questi giorni è disponibile in libreria il primo numero di Calibano, rivista semestrale del Teatro dell’Opera di Roma, di cui non si propone di essere un magazine promozionale, aspirando invece a diventare uno strumento per costruire percorsi monografici attorno ai temi evocati dagli spettacoli in programma, cercando di attualizzarne la fruizione e ricordandoci la contemporaneità mai venuta meno dell’opera. Il direttore Paolo Cairoli, che realizza la rivista in collaborazione con il master di giornalismo dell’Università LUISS di Roma e la affida ai tipi di effequ, spiega il titolo ricordando che nella Tempesta di Shakespeare «Calibano è il figlio di una strega, o di una donna presunta tale; è considerato un’anomalia, è escluso, marginalizzato, disumanizzato. Ecco: noi vogliamo partire rimettendo la sua voce al centro».Se «il teatro è il luogo dove affiorano e si pongono domande, dove si ragiona insieme su risposte possibili e impossibili», afferma il sovrintende dell’Opera di Roma Francesco Giambrone, Calibano vuole «guardare con coraggio e in maniera laica, critica, aperta e libera ai problemi dell’oggi, piuttosto che sfuggirli o lasciarli cadere nel neutro silenzio di scelte di comodo».

COSÌ LA PRIMA USCITA, riallacciandosi all’Aida in scena al Teatro Costanzi dal 31 gennaio, affronta il tema del blackface e la delicatissima questione razziale da esso evocata, riflettendo sulle molteplici forme di discriminazione implicite o esplicite presenti nel nostro mondo. Neelam Srivastava analizza le radici colonialiste del blackface; Alessandro Portelli ricostruisce la storia dei minstrel show; Costanza Rizzacasa d’Orsogna si interroga sulla cancel culture; Andrea Peghinelli evidenzia i rischi del «cieco naturalismo», secondo il quale un personaggio di colore deve essere per forza interpretato da un nero; Ilaria Narici racconta il caso di Otello, che in origine non veniva truccato di nero per non turbare le coscienze con una relazione tra un africano e un’italiana; Daniele Cassandro ci riporta alla triste storia di Michael Jackson; Enrico Ferraris riflette sulla costruzione dell’«altro» ai tempi di Aida. Completano il tutto recensioni di libri sul tema, una breve antologia poetica curata da Stefano Bottero, un racconto di Giordano Tedoldi, una copertina d’artista e un set di illustrazioni interne create da artisti che lavorano con le intelligenze artificiali text-to-image.
Se «il teatro è il luogo dove affiorano e si pongono domande, dove si ragiona insieme su risposte possibili e impossibili», afferma il sovrintende dell’Opera di Roma Francesco Giambrone, Calibano vuole «guardare con coraggio e in maniera laica, critica, aperta e libera ai problemi dell’oggi, piuttosto che sfuggirli o lasciarli cadere nel neutro silenzio di scelte di comodo».