Tra il Pd e Carlo Calenda il matrimonio romano appare sempre più difficile. L’ex ministro dello Sviluppo e ora leader di Azione ieri ha risposto- come di consueto via Twitter- ai messaggi che gli erano arrivati dai vertici nazionali dem: «Ho letto che un appoggio alla mia eventuale candidatura a sindaco da parte del Pd dipende da un mio “ammorbidimento dei toni verso il governo”. Penso sia bene chiarirsi prima: non esiste», tuona Calenda. «Continuerò a fare opposizione al governo in modo fermo ma costruttivo».

E ai dirigenti dem come la consigliera regionale Michela de Biase (ma anche il segretario regionale del Lazio Bruno Astorre) che hanno posto come condizione per un dialogo con M5S il ritiro di Virginia Raggi, replica: «Mi pare di capire che la questione sia la necessità si trovare un candidato comune con i 5S. Piano piano lo scenario si va chiarendo».

Calenda, come è noto, non ha alcuna intenzione di allearsi coi grillini. Anzi, la sua candidatura serve propria rompere l’asse giallorosso, almeno nella Capitale. Lui non scioglierà le riserve prima di aver letto i sondaggi che ha commissionato sulla sua candidatura, sia in solitaria che come frontman del centrosinistra. Ma al momento l’opzione della corsa solitaria sembra prevalere.

Il cantiere del centrosinistra intanto procede la sua corsa: domani l’atteso incontro dei vertici dei partiti romani, dal Pd a Articolo 1, Sinistra italiana, Verdi, renziani, socialisti, radicali, e +Europa. Invitati anche i rappresentanti di Azione, che hanno aderito all’invito del segretario romano del Pd Andrea Casa. Alla riunione (di persona se il nuovo Dpcm lo consentirà o con strumenti telematici), Casu confermerà il percorso per scegliere il candidato con le primarie. A dicembre o anche all’inizio del 2021 se la pandemia richiederà un rinvio.

«E’ Calenda che deve scegliere, non il Pd», spiega Casu. «Vuole contribuire a una alleanza larga o dividere le forze come è stato fatto in Puglia? Noi vogliamo coinvolgere Calenda e Azione in un percorso trasparente e aperto alla città».

Ieri è intervenuto sul delicatissimo dossier Roma anche Nicola Zingaretti. Che ha ripreso le parole del ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, che aveva lasciato la scelta del candidato «ai gruppi dirigenti locali». «Amendola ha detto l’unica cosa sensata in questo delirio di chiacchiericcio e retroscena inesistenti», ha spiegato Zingaretti. «Il candidato sindaco di Roma lo decideranno nelle forme e nei modi che riterranno opportuni, in modo trasparente e autorevole i dirigenti e i cittadini romani».

Niente scambi con altre città con M5S, dunque. E stop agli endorsment nazionali che in queste ore stanno arrivando per Calenda da altri sindaci del Pd, da Giorgio Gori di Bergamo a Emilio Del Bono di Brescia. «Giù le mani da Roma, che non deve entrare nei giochi di corrente», attacca il consigliere comunale dem Giovanni Zannola. «Non accettiamo lezioncine da fuori su chi candidare a sindaco».