Laura Boldrini «non ci sarà», Bersani e D’Alema neanche, «lo dicono loro e un altro problema lo abbiamo risolto», Giuliano Pisapia «non ho problemi a cedergli il posto» nel Nord est «e a candidami al Centro». Dalle colonne del settimanale Panorama Carlo Calenda compone le sue liste per le europee del 26 maggio. Peccato che sarebbero quelle del Pd, che ha appena eletto un segretario con una milionata di voti. Il quale peraltro deve ancora ricevere il mandato dall’assemblea nazionale di domenica 17 marzo dove sarà proclamato.

Ma l’ex ministro, forte – invece – della sua raccolta di duecentomila firme sotto l’appello «Siamo europei» si sente co-proprietario delle decisioni del Pd, a pari titolo. E questo nonostante il fallimento (annunciato) della sua proposta di Fronte europeista, dopo il no di +Europa, dei Verdi e di Italia in comune (il movimento dei sindaci fondato da Pizzarotti).

L’attivismo di Calenda non piace all’ala sinistra dei zingarettiani, che infatti l’ex ministro vuole tenere fuori dalla corsa per Bruxelles. «Il popolo del centrosinistra corso a votare alle primarie ha chiesto unità, cambiamento, ma anche cura, empatia, non boria ed arroganza», replica Marco Furfaro, coordinatore di Futura (associazione di cui Boldrini è presidente).

Intanto la decisione di Calenda di restare nell’orbita del Pd – e più prosaicamente nelle sue liste – ha ringalluzzito Matteo Renzi – quello che ha giurato fedeltà a Zingaretti il giorno dopo l’elezione. Ieri ha chiamato Ettore Rosato, ex presidente dei deputati Pd, a fare il responsabile organizzazione dei suoi «comitati civici». «Nessuna idea di uscire dal Pd», ha spiegato Rosato smentendo intenti scissionistici, «I Comitati sono una grande occasione di partecipazione e coinvolgimento civile di tante persone ed energie nuove che vogliono portare avanti buone idee nate nei governi Renzi-Gentiloni». Insomma quelli che non accettano i propositi di cambiamento anche blando del nuovo segretario Zingaretti