Dal 3 gennaio ha riaperto il calciomercato invernale per consentire alle squadre di vertice e quelle traballanti di acquistare rinforzi. In realtà dietro le quinte avvengono manovre economiche, che appannano la visione romantica del calcio. I veri padroni del calcio sono i superagenti dei calciatori, svegli affaristi che gestiscono flussi immensi di denaro anche di investitori esterni. Pippo Russo, autore di Soldi e Pallone (Meltemi, euro 18), svela il coacervo di interessi.

Perché hai scritto questo libro?

Il libro vuole sfatare un mito, che il calcio sia un affare in perdita, forse lo è per il club calcistico, ma ciò non significa che non ci guadagnino altri, soprattutto quelli che chiamiamo intermediari, i veri motori del business. Gli agenti e i superagenti, non sono più semplici intermediari, ma power broker al centro del movimento di mercato, perché lo creano dal nulla, fanno circolare i calciatori di proprio interesse, realizzano affari per gli investitori che stanno alle loro spalle, sono loro stessi investitori. Sono soggetti che creano meccanismi di economia parallela, in base al quale il denaro viene immesso nel mondo del calcio, non per produrre valore sportivo o sociale, ma per essere incrementato e riportarlo fuori da quel mondo. Oggi il calcio è diventato un incubatore del mondo finanziario, non è più un fenomeno sportivo, ma puramente spettacolare e finanziario, nel guadagno di questi soggetti, molti dirigenti di club non ci perdono, spesso sono consapevolmente complici e la rovina dei club non significa la rovina dei loro dirigenti e dei loro proprietari.

I calciatori sono ridotti a forme degradanti di controllo?

I calciatori vengono cartolarizzati come se fossero dei prodotti finanziari. Quando un investitore acquisisce il 20% dei diritti di un giocatore, lo fa come se acquistasse un pacchetto di azioni, scommette sulla futura riuscita del calciatore, soprattutto sulla futura vendita. Il calciatore diventa un bene frazionabile, una persona ridotta ad asset finanziario, movimentato secondo interessi, che non sono più quelli del club sportivo, ma dell’investitore. L’unico modo attraverso cui l’investitore guadagna, fa fruttare il suo investimento, è la cessione del calciatore, perché acquisire i diritti economici significa acquisire il diritto a lucrare sulla sua futura vendita del calciatore, nell’interesse dell’investitore il calciatore deve essere ceduto. In queste condizioni i destini del calciatore, in realtà dovremmo dire della persona, dipendono non da ragioni sportive, ma finanziarie, una condizione oggettivamente umiliante.

I calciatori venduti e acquistati come qualsiasi bene commerciale e nessuno si indigna?

I calciatori sono beni commerciali da quando esiste il calciomercato, questo ci turba poco, abbiamo fatto il callo al fatto che delle persone siano scambiabili sul mercato. Nell’ultimo ventennio il grande mutamento si è avuto, paradossalmente, con la sentenza Bosman, che pone l’attenzione sulla libera circolazione degli atleti comunitari nei campionati dell’Ue. Avrebbe dovuto garantire maggiori diritti ai calciatori, ma da quel momento non c’è stata più limitazione a una certa categoria di stranieri, considerati comunitari. Questo ha fatto sì che la composizione delle squadre fosse cambiata perché non c’erano più limiti. Il vero oggetto della sentenza Bosman era la liberazione del calciatore dal vincolo, che persisteva anche a contratto scaduto. Prima della sentenza un calciatore era di proprietà del suo club, lo si teneva in una situazione di schiavismo. La sentenza Bosman ha liberato il calciatore, ma la mancanza di una rete protettiva ha fatto sì che i calciatori finissero nella rete dei nuovi Mangiafuoco, ossia gli agenti, sono loro che li commerciano. Una situazione che ha legittimato nuovi soggetti, cioè gli investitori esterni, i fondi di investimento, i privati, che hanno preso il controllo dei calciatori e del loro mercato, i quali possono investire nei diritti economici dei calciatori e lucrare sulla loro futura compravendita. Questo è paradossale, perché la sentenza Bosman ha rappresentato un atto straordinario in termini di civiltà giuridica e sociologica, purtroppo però ha dato effetti indesiderati, ha liberato i calciatori da una schiavitù e li ha messi in condizione di legarsi a un’altra schiavitù. E’ l’ennesima vicenda che ci avverte che non tutti sono pronti ad avere nuovi diritti.

Sotto la serie A chi c’è?

I calciatori non sono tutti dei privilegiati, continuiamo a confondere una parte con il tutto. A partire dalla serie B in giù i calciatori sono dei lavoratori del pallone, c’è una drastica diminuzione dei salari e della puntualità dei pagamenti. Oggi si sta creando una pericolosissima divaricazione economico-finanziaria tra il calcio di élite e il calcio delle categorie inferiori. Ho l’impressione che siamo in presenza di due sport diversi, perché quando vedo una partita dalla serie C in giù e la confronto con una del campionato di élite o della Champions League, ho l’impressione di vedere due cose diverse. Non è solo l’aspetto tecnico, c’è anche un aspetto economico preoccupante, perché il calcio delle categorie minori acquisisce una parte sempre minuscola della torta economico-finanziaria che si muove intorno al calcio, questo pone le condizioni per la sparizione di numerosi club con tutte le conseguenze negative che comporta in termini di occupazione, sociale e comunitaria. L’altro aspetto pericoloso è che molti club minori, indeboliti economicamente, possono essere oggetto di interesse di avventurieri, che comprano club con intenzioni non sane, per il riciclaggio, quelle squadre per fare match fixing, per acquisire calciatori di loro interesse, o prendere calciatori che sono disposti a pagare portando sponsor. Si è creata una divaricazione pericolosissima, rispetto alla quale gli attori politici del calcio, dai livelli mondiali a quelli nazionali, non stanno facendo abbastanza, stanno subendo la frattura tra il turbo-calcio e il calcio delle piazze dei calciatori normali.