Prima di Riace venne Badolato. Ma la storia di accoglienza del piccolo borgo affacciato sullo Jonio, al limitare tra le province di Catanzaro e Reggio Calabria, stride con i contorni di una vicenda di truce violenza razzista, ambientata nelle stesse lande 25 anni dopo. «Bastardo negro ti ammazziamo», «ora prendo una pala e ti metto sotto terra». La violenta aggressione ai danni di un lavoratore migrante si sarebbe consumata nel luglio dello scorso anno. Il migrante aveva osato chiedere di esser retribuito per le ultime giornate di lavoro prestate in un’azienda zootecnica. E davanti a quella richiesta, la risposta erano stati calci e pugni. Atti di violenza, secondo la Procura di Catanzaro, «aggravati per essere stati commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale e razziale».

Al termine di una complessa attività di indagine durata 9 mesi, i carabinieri della stazione di Badolato hanno eseguito una misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura nei confronti di sei cittadini di Badolato ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di minacce, lesioni e percosse aggravate. Quando i carabinieri videro questo giovane nato in Gambia con regolare permesso di soggiorno e da anni residente nel catanzarese, steso sul selciato, lo trovarono in una pozza di sangue. Intorno a lui il telefonino fatto a pezzi. Sarebbe stata una banda organizzata dal suo padrone, titolare di un’azienda di allevamento di ovini e bovini tra Badolato e Santa Caterina, a pestarlo brutalmente. Il gambiano doveva pagare lo sgarro di aver sollecitato il pagamento delle ultime giornate di lavoro.

Una salario da schiavo: 22 euro per 11 ore giornaliere. Ma questi 2 miseri euro all’ora i negrieri di Calabria dovevano decidere loro se e quando darli. Per punire il gambiano, anche altri soggetti, familiari dell’allevatore, e anch’essi destinatari del provvedimento restrittivo eseguito all’alba di ieri, si sarebbero accaniti ulteriormente sul giovane con pugni, calci, spranghe e pietre, pronunciando al suo indirizzo insulti ed espressioni razziste. Temendo poi che il lavoratore avvisasse la polizia, gli aggressori prima di abbandonarlo, gravemente ferito, gli avrebbero anche distrutto il cellulare. A seguito delle lesioni patite il gambiano venne trasportato presso l’ospedale di Soverato dove gli fu refertato un politrauma da aggressione, con frattura del braccio sinistro. Da ieri i sei ai domiciliari con pesanti capi d’accusa.

Ben altra trama la notte di santo Stefano del 1997 davanti al mare di Badolato. La nave da carico battente bandiera curda Aarat, partita da un piccolo porto della Turchia, dopo un viaggio di 6 giorni, si arenò sulla costa jonica. Erano 826 persone, per lo più curdi, in fuga dalla guerra e dalla miseria. Da allora molti di loro si fermarono in queste terre dove trovarono ospitalità e amicizia. Nel tempo, il ricordo di quegli anni si è sempre più sbiadito.