È una storia di paese. Una delle tante in una regione dove i furbetti credono sempre di farla franca. Ma non è una storia qualunque. Perché il protagonista è il candidato alla regione dei 5 stelle, il movimento antifurbetti, almeno a parole.

A Carlopoli, sulle alture del Reventino, il massiccio che sovrasta Lamezia, il signor Giovanni Greco, alla fine degli Ottanta, decide di vendere il suo terreno. Gli acquirenti sono Franca e Antonio Aiello, i genitori di Domenico e Francesco, colui che trent’anni dopo aspira a diventare presidente della Calabria. Rilevato il terreno, gli Aiello iniziano a costruire. Ma, alla fine, la cubatura prevista dal progetto iniziale, approvato dal comune, aumenta di molto. Greco avverte il suo legale e li denuncia. Da quel momento è un rimbalzo di sentenze: prima il Tar, poi il Consiglio di Stato. Gli accertamenti dei tecnici del comune e i periti nominati dai magistrati, in effetti, parlano di volumetria più che doppia rispetto al progetto. Da qui la necessità di demolire parte della struttura. «L’ufficio tecnico del Comune aveva avviato anche la procedura per la revoca della concessione edilizia», ammette il sindaco Mario Talarico.

Gli Aiello non mollano la casa. Anzi, ricorrono al Tar. «In attesa dell’esito della richiesta di condono», spiegano. Ma va male perché la magistratura amministrativa respinge il ricorso. E stessa sorte per la richiesta di sanatoria che viene accettata solo in parte. Traduzione: il corpo principale viene graziato nonostante la palese abnormità rispetto a quanto previsto. Ma seminterrato e primo piano – scrivono i giudici – devono essere abbattuti. L’ordinanza, però, rimane ugualmente lettera morta. Passano altri dieci anni, il comune riprova a mettere un po’ d’ordine nella giungla di cemento. I fratelli Domenico e Francesco Aiello, divenuti eredi, ricevono l’ennesima ordinanza di demolizione che contestano invano di fronte a Tar e Consiglio di Stato. Non muovono un dito e l’amministrazione – ancora una volta – si dimentica della questione. «Troppi soldi per demolire l’immobile», si giustificano. Tocca ad un vicino di casa dei due fratelli sollecitare la giustizia amministrativa per far rispettare la sentenza e ancora una volta i fratelli Aiello si mettono di traverso. Ma perdono, di nuovo. L’unica cosa che riescono ad ottenere è che si butti giù “solo” il secondo piano e giusto perché smantellando il seminterrato verrebbe giù tutto l’edificio.

Ma, da allora, nulla si è mosso. La villetta è ancora lì e nessuno si è disturbato a togliere neanche una tegola. Aiello conferma di essere a conoscenza del problema. E si giustifica: «All’epoca mio padre soffriva di Parkinson e io dovetti assisterlo nel suo drammatico declino, successivo alla scomparsa prematura di mio fratello Domenico. Da allora mi sono trovato mio malgrado davanti a questo problema. Le sentenze dicono che è il comune di Carlopoli a dover indicare la strada alternativa». Il suo è un grido disperato, di chi vede i sogni di gloria svanire.

La candidatura è, ormai, bruciata. Di Maio ha chiesto chiarimenti. Ma il suo imbarazzo vale quanto un cartellino rosso. Ora la confusione è totale. Appena 24 ore fa Aiello chiedeva al Pd di convergere su di lui, rinunciando al simbolo. Ma i dem avevano risposto picche: «Si sono messi in testa di consegnare il paese ai sovranisti». Ora la situazione torna in alto mare in tutti gli schieramenti.
L’unico candidato in campo resta il geologo Carlo Tansi. Da una settimana sta battendo la Calabria alla guida del suo camper arancione. Ha già raccolto tre liste, dialoga con la sinistra extra Pd. Nel sondaggio interno ai grillini il suo nome era il secondo, poco dietro Aiello. «C’è una dissonanza tra la base e i vertici dei 5 stelle – spiega al manifesto – ci sono tre livelli, meet up locali, direzione regionale e nazionale che non comunicano. Le richieste della base non sono interpretate. A nessuno interessa della Calabria, siamo l’ultima ruota del carrozzone Italia. Tutti ci ignorano, si interessano unicamente alle vicende del governo e all’Emilia». Tansi, comunque, non chiude ai grillini. «Io accetto ogni contributo che muova dalla società. Se vogliono convergere sul nostro progetto arancione possiamo discuterne. Noi siamo in marcia per cambiare questa regione. Davvero e non solo a parole».