«Se la Lega cederà al populismo penale del M5S passeremo all’astensione dalle udienze», avverte l’avvocato Gian Domenico Caiazza. Nemmeno dieci giorni da quando è stato eletto nuovo presidente dell’Unione delle camere penali e già si trova a dover dichiarare lo stato di agitazione degli avvocati penalisti italiani contro l’emendamento al dl anticorruzione presentato dal M5S in Commissione giustizia della Camera che ferma i tempi di prescrizione dopo il primo grado di giudizio, qualunque sia la sentenza.

Il M5S cavalca la vulgata comune che vede la prescrizione come uno strumento nelle mani degli avvocati per far estinguere i processi, una via di fuga dalla certezza della pena. Come risponde a chi crede davvero sia così?
Che è una falsificazione della realtà: l’istituto della prescrizione è di fondamentale garanzia dei diritti della persona. Il diritto di ciascuno a non essere oggetto di un processo penale sine die, con una fine rimessa all’inquirente o al giudice. Si tratta di un’esigenza elementare. Non l’abbiamo inventata noi, esiste in tutti gli ordinamenti democratici, anche se gli altri Paesi europei non hanno il nostro problema della lentezza della giustizia. Si può discutere della sufficienza del tempo a disposizione dello Stato per verificare l’accusa a carico di un cittadino, ma l’idea di eliminare la prescrizione è una barbarie. Palesemente incostituzionale, peraltro, destinata a non sopravvivere al primo passaggio davanti alla Consulta.

Quanti procedimenti si estinguono per prescrizione?
Non ho questo dato recente, però le ricordo il dato ufficiale fornito dal Ministero di Giustizia secondo il quale più del 70% delle prescrizioni maturano nella fase delle indagini preliminari. Significa che i fascicoli rimangono nelle mani del pubblico ministero o, terminate le indagini, in attesa della prima udienza, per periodi talmente lunghi che consumano per il 70% dei casi tutta la prescrizione. E per il resto, come è facile intuire, consumano la gran parte del tempo.

Dunque, la norma così scritta non avrebbe alcuna efficacia sul 70% delle prescrizioni?
Questo emendamento nemmeno lo considera questo profilo. E non considera che molto si deve all’inerzia – dovuta a mille ragioni – del pm .

Le conseguenze?
Sono abnormi: non solo sotto il profilo del diritto ma anche tecnico. Imbarazzanti. Secondo la norma presentata in Commissione giustizia i tempi per la prescrizione si fermano con la sentenza di primo grado senza distinzione tra condanna e assoluzione. In entrambi i casi, l’appello – a cui ricorre chi è stato condannato, oppure il pm, in caso di assoluzione dell’imputato – potrà svolgersi senza alcun limite di tempo. Anche decenni dopo.

Perciò si viola l’articolo 111 della Costituzione e si allontana ancora di più la certezza della pena. È così?
Sì, mettere mano alla prescrizione più di quanto abbia già fatto la riforma Orlando (del 2015, che congela per 18 mesi al massimo la prescrizione dopo la condanna, di primo o secondo grado che sia, ndr) ottiene il risultato opposto di quello che si va sbandierando. Chi è competente in materia sa perfettamente che i ruoli delle udienze, ossia quanti processi vengono celebrati nella giornata, sono compilati ragionando sulla prescrizione dei reati. Se non ci fosse più questo limite di tempo, non ci sarebbe alcun motivo per fissare anche 35 udienze in un giorno e si potrebbe rinviare il processo sine die. Dunque non solo si verrebbe meno al principio della ragionevole durata del processo, ma non si avrebbe alcuna certezza della pena. Pensi alle parti offese di un processo che non si prescrive: se già adesso aspettano dieci anni per una sentenza, quanti ne dovranno aspettare dopo?

Cosicché le aule di giustizia si intaseranno perfino più di quanto non lo siano già…
Certo. Il problema è che invece di intervenire sui tempi delle indagini si vuole intervenire sui tempi del processo.

Qual è la causa della durata irragionevole dei processi?
Ci sono troppi processi, troppi reati: abbiamo un numero di ipotesi di reato sconsiderato, tanti illeciti potrebbero essere puniti amministrativamente e non penalmente, tipo i reati bagatellari. E c’è il grande tema dell’obbligatorietà dell’azione penale, che va affrontato con coraggio, perché fissare un principio di eguaglianza dell’azione penale aveva un senso subito dopo la caduta del fascismo. Oggi però questo vincolo è solo apparente – in realtà l’azione è totalmente arbitraria – ed è una delle cause della paralisi del processo. Intervenire sulla prescrizione dei reati significa intervenire sul sintomo, non sulla causa.