Cade lo scudo di Meloni. Il ministro esce di scena
Bandito Sangiuliano Per evitare domande la premier dà forfait al G7 dei parlamenti. Poi decide di tagliare corto e arrivano le «dimissioni irrevocabili»
Bandito Sangiuliano Per evitare domande la premier dà forfait al G7 dei parlamenti. Poi decide di tagliare corto e arrivano le «dimissioni irrevocabili»
Fino a stamattina la decisione non era stata presa. Però era nell’aria e le dimissioni del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, subito dopo il G7 della Cultura, erano comunque probabili. Giorgia Meloni era dunque pronta a una sostituzione in tempi record. La lettera di Sangiuliano con le sue «dimissioni irrevocabili» è arrivata verso le 17, proprio mentre la premier varcava la porta del Quirinale per proporre la nomina di Alessandro Giuli, giornalista e direttore del MAXXI, al posto del defenestrato. Il presidente Mattarella della vicenda non ha mai voluto interessarsi ma ha concordato in pieno sulla necessità di chiuderla il prima possibile. Un paio d’ore e il nuovo ministro aveva già giurato, stornando così il rischio di una trattativa estenuante e soprattutto quello di un rimpasto con diverse caselle in ballo.
CAPITOLO CHIUSO con tanto di ringraziamenti a Genny, «persona capace e uomo onesto». Così la premier e così, uno dopo l’altro, tutti gli ormai ex colleghi che hanno telefonato al sacrificato. Ha chiamato anche Giuseppe Conte, in nome della «solidarietà umana». Una mossa civile.
Cosa ha imposto l’accelerazione e convinto la premier a forzare la mano su quel passo indietro che appena tre giorni fa aveva voluto evitare? La paura del ridicolo. La percezione di una tempesta destinata non a fermarsi ma a diventare più violenta di giorno in giorno, fino a seppellire non il ministro innamorato ma l’intero governo sotto una valanga di risate, battutacce, ammiccamenti: il peggio che possa capitare in politica. Probabilmente ha pesato anche la consapevolezza della premier di aver sbagliato clamorosamente nell’imporre a Sangiuliano quell’umiliante autodafé televisivo che ha finito solo per peggiorare la situazione, precipitando il ministro nel ludibrio generale e offrendo oltre tutto per la prima volta all’opposizione un motivo concreto per reclamarne l’allontanamento con quella incredibile confessione di aver pensato di nominare Boccia consulente per i grandi eventi in quanto sua amante.
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Prendete i popcorn, il governo si autoaffondaUn disastro politico e mediatico che non aveva portato alcun risultato positivo. La premier si era illusa di mettere fine, mandando il ministro allo sbaraglio, al martellamento della ex amica umiliata e offesa. L’intervista alla Stampa di venerdì e l’annuncio di quella a In Onda di ieri sera hanno rivelato quanto sbagliato fosse quel calcolo e la premier, da giorni ostaggio della non-consulente al punto di aver rinunciato ieri a partecipare di persona al G7 dei parlamenti di Verona per evitare domande imbarazzanti, ha deciso di tagliare corto e chiudere d’autorità la tragicomica vicenda.
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La versione di Boccia: «Non spiavo, lavoravo»LA VERSIONE UFFICIALE naturalmente è diversa. Meloni e il ministro si sono parlati ieri mattina, hanno concordato la formula d’uscita che doveva apparire come scelta autonoma del dimissionario. Lui ci ha pensato un po’, poi ha preso carta e penna. Dopo aver ringraziato la premier per averlo «difeso con decisione», spiega il bel gesto con la necessità di difendere l’istituzione ma anche con il «bisogno di tranquillità personale, di stare con mia moglie che amo» ma soprattutto, alla faccia del principio di non contraddizione, con la per nulla tranquilla e anzi battagliera necessità di «avere le mani libere per agire in tutte le sedi legali contro chi mi ha procurato questo danno». Nello stesso spirito aveva accolto la notizia di una possibile indagine della Corte dei Conti per procurato danno erariale, «Benissimo», e del resto il suo stesso avvocato gli aveva dato una spintarella in direzione della porta d’uscita: «Così tornerebbe a essere libero».
IL FURENTE SANGIULIANO, nella lettera dell’addio, allude anche a un possibile complotto: «Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni». Qualche sospetto è comprensibile a fronte di una vicenda non priva di aspetti assurdi, tutt’altro che chiarita con la dipartita del principale interessato, segnata da messaggi obliqui e in codice della sua ex collaboratrice ed amante sulla cui reale sostanza regna ancora oscurità completa. Ma a ingigantire la palla di neve sino a farla diventare una valanga sono stati soprattutto le reticenze e le bugie del ministro, poi gli errori clamorosi, corretti ieri in extremis, della premier. Ma non si può negare che le dimissioni di un ministro inadeguatissimo come Gennaro Sangiuliano a fronte della permanenza al governo di una figura ben più discutibile come Daniela Santanchè una certa amarezza la susciti.
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