Quasi tutte le violazioni informatiche cominciano hackerando gli umani. É questa la tesi del giornalista investigativo inglese Geoff White che nel libro Crime dot com racconta come bande di cybercriminali, hacker di stato e spioni digitali abbiano trasformato in un’inferno l’Eldorado annunciato dalla rivoluzione informatica nei campus americani alla fine degli anni ‘50.

Pubblicato da Odoya Edizioni quest’anno, il testo spiega attraverso storie esemplari come l’hacking abbia influenzato le nostre vite partendo dal virus I Love You degli anni 2000 fino agli ultimi tentativi di manipolazione elettorale. E lo fa raccontando la storia di LulzSec, gli Anonymous vendicatori che hanno denunciato il complotto di un contractor americano per far fuori Julian Assange e il tradimento di Sabu. Non manca l’analisi del ruolo dei servizi segreti russi nella sconfitta di Hillary Clinton nella corsa presidenziale del 2016.

Tema ripreso con dovizia di particolari nel saggio Misure Attive, storia segreta della disinformazione, libro capolavoro del politologo americano Thomas Rid. Pubblicato in Italia da Luiss University Press (2022) è una storia dettagliata di come funzioni la guerra cognitiva condotta attraverso la disinformazione. Esemplare il racconto di come sia stata aperta la strada al potere per Vladimir Putin: ricattando il giudice che lo indagava e di cui fu fatto circolare un filmino a luci rosse.

Il racconto abbraccia cento anni di disinformatja, dalla creazione della polizia segreta sovietica alle spericolate invenzioni della Cia, un arco temporale in cui Rid descrive i personaggi sconosciuti della guerriglia politica fra i due blocchi divisi a Yalta e analizza i trucchi, la corruzione, i tradimenti e le torture nelle due sfere d’influenza, fino all’hacking delle caselle di posta elettronica di diplomatici occidentali per giustificare l’invasione della Crimea da parte della Russia.

Per chi legge in inglese ed è appassionato di cybersecurity, un libro veramente straordinario è Sandworm di David Greenberg. Scrittura a razzo, chiara e lineare, il racconto è un viaggio nella galassia dei nation state hacker russi omonimi che hanno creato alcuni tra i virus informatici più dannosi al mondo. Il titolo intero è Sandworm. A new era of cyberwar and the hunt for Kremlin’s most dangerous hackers (DoubleDay, New York, 2019). Racconta la corsa agli armamenti digitali iniziata con il virus israelo-americano Stuxnet e arriva a quello russo Industroyer impiegato dal Cremlino per mettere in ginocchio l’Ucraina.

La storia di Stuxnet, raccontata magistralmente anche nel libro Countdown to zero day di Kim Zetter (2014), è la storia di come un’operazione segreta di alto livello tecnologico sia riuscita a bloccare con un virus informatico le centrifughe di arricchimento dell’uranio in Iran senza usare Internet, con l’obbiettivo di prevenire lo sviluppo della bomba atomica nel paese degli Ayatollah.
Greenberg però la racconta in un quadro più ampio che comincia con gli attacchi dell’operazione Moonlight Maze del 1999 e finisce con i wiper usati dai russi contro l’Ucraina dopo le rappresaglie condotte dai cybersoldier russi contro i paesi baltici, i tentativi di spionaggio contro la Nato e i missili informatici lanciati contro l’Europa.

E lo racconta attraverso il lavoro straordinario e infaticabile dei cacciatori di virus che lottano per proteggere le infrastrutture che erogano i servizi essenziali da cui tutti dipendiamo: acqua, luce, sanità, trasporti: obbiettivi di quegli hacker che, al contrario di loro, hanno ceduto al lato oscuro della forza.