Dopo il divieto parziale al burqa, in Germania arriva lo stop alle spose-bambine. Lo prevede il secondo documento presentato ieri a Berlino dai responsabili degli interni dei Land di Cdu e Csu, controfirmato dal ministro federale Thomas De Maizière. «Abbiamo sempre più a che fare con matrimoni di minorenni. I ministri della giustizia si attivino subito per porre fine alla situazione. Lo Stato riconosce le unioni contratte all’estero ma quando si tratta di bambine è inaccettabile» ha riassunto De Maizière in diretta tv. Da qui l’ipotesi di vietare il matrimonio a chi ha meno di 18 anni (anche se la legge in certi casi fissa a 16 la maggiore età) e interrompere la pratica degli sposalizi combinati, oggi indirettamente riconosciuti.

Proposta «giuridicamente difficile» ammette De Maizière eppure largamente condivisa nel partito, al contrario del divieto light al burqa pure contenuto nella «Dichiarazione di Berlino» dei ministri degli interni.

La versione minima dello stop marca l’unico margine legalmente praticabile in Germania quanto il compromesso politico nell’Unione: proibito entrare con il volto nascosto in scuole, università, tribunali, uffici pubblici autorizzati all’accertamento dell’identità, e vietato partecipare a manifestazioni o guidare l’auto con il niqab. Tutt’altro dell’annunciato «Burqaverbot» e il solo risultato possibile dopo il “muro” di Corte suprema e Bundestag (secondo cui il veto integrale è incostituzionale) e il “freno” tirato dall’ala morbida della Cdu ancorata alla linea Merkel.

Due giorni fa la cancelliera aveva appoggiato l’introduzione dei limiti più stringenti al travisamento anticipati da De Maizière. «Una donna completamente velata ha poche possibilità di integrarsi» spiegava. Da qui il suo sostegno al ministro chiamato a risolvere il problema «politico e giuridico» con Merkel però contraria alla messa al bando totale. Proprio come De Maizière che ha gestito la proposta dei ministri Cdu-Csu consapevole che «il divieto totale al burqa verrebbe respinto in qualsiasi tribunale». Ecco allora il compromesso cucito su misura della campagna elettorale in Mecleburgo-Pomerania (si vota il 4 settembre) e delle urne per il Bundestag nel 2017.

Nella Cdu dopo gli attentati in Baviera (e il sondaggio Insa del 16 agosto che segnala Afd oltre il 13%) il tema principale è la sicurezza. «Sichereit über alles» anche nell’agenda Merkel ma non sopra la legge né a ogni costo: Mutti è comunque costretta a misurare la proposta Cdu con gli alleati Spd e il presidente della Repubblica Joachim Gauck.

Il divieto soft al velo islamico indica giusto il punto di sutura della frattura nel maggior partito tedesco: vecchie colombe come Merkel e De Maizière contro giovani falchi come il segretario generale Cdu Peter Tauber, classe 1973, e Julia Klöckner (1972) già autrice del «piano B» sul tetto ai profughi (bocciato da Merkel) e candidata alle elezioni in Renania-Palatinato lo scorso marzo. Erano tra i promotori del divieto totale insieme a Jens Spahn (1980), segretario parlamentare del ministero delle finanze, Joachim Herrmann, ministro dell’interno della Baviera, Wolfgang Bosbach, della commissione interni del Parlamento, e Frank Henkel, delegato alla sicurezza del Land di Berlino in piena campagna per le elezioni del 18 settembre.

E’ la chiave per interpretare il “caso-burqa” scoppiato dopo la presentazione del pacchetto anti-terrorismo del governo che comprende l’impiego dell’esercito a fianco della polizia e la collaborazione dei medici con pazienti a rischio-attentati. Dibattito deflagrato sui media tedeschi, letteralmente uno contro l’altro. Sintomatica su Der Spiegel la denuncia della «spinta sull’acceleratore» dei falchi Cdu «con l’amichevole supporto della Bild» e del sondaggio che certificava il 62% dei tedeschi per il divieto totale del burqa.