In un saggio del 2007 emblematicamente intitolato All’inseguimento della propria ombra, lo scrittore e critico Zinovij Zinik si soffermava su quell’inquietudine esistenziale che nel 1975 lo aveva catapultato al di là della cortina di ferro, per la precisione in Israele. Nella prospettiva di Zinik, l’opzione volontaria dell’esilio aveva troncato in due la sua vita, trasformando il passato moscovita in una sorta di romanzo non scritto, eppure pronto per essere narrato. Non a caso, l’autore aveva provato a ridefinire fin dagli anni ottanta l’evento lacerante dell’emigrazione nei termini di un espediente letterario che, al pari dello straniamento teorizzato da Viktor Sklovskij,...