Cammini lungo i vicoli intorno alla chiesa di San Sebastiano e pensi che della vita che oggi anima questo luogo tra pochi decenni potrebbe restare soltanto la memoria. Un pugno di case aggrappate alle pendici del Monte Acuto, Bulzi ha 572 abitanti, ma secondo uno studio condotto da Sardarch (un gruppo interdisciplinare composto da demografi, antropologi e urbanisti dell’Università di Cagliari) fra sessant’anni potrebbe essere un villaggio fantasma. E non sarebbe il solo in Sardegna.

SONO ALTRI TRENTA I COMUNI A RISCHIO di estinzione. Si svuotano progressivamente, questi villaggi, perché non ci nasce quasi più nessuno. I giovani vanno via. Restano i vecchi. E succede che il saldo demografico (il rapporto tra nascite e morti) diventi stabilmente negativo, segnando per il futuro prossimo, pochi decenni, un destino di silenzio e di abbandono. Se si va a vedere su una carta geografica dove stanno i trentuno piccoli paesi destinati allo spopolamento si vede che sono compresi tutti nelle zone più interne, nel cuore di roccia dell’isola, sui monti. Aree periferiche, marginali. Sulla stessa carta geografica i ricercatori di Sardarch hanno segnato anche i comuni dove invece il numero di residenti cresce, regolarmente, da anni. Sono quelli sulle coste. I numeri della ricerca, in sostanza, restituiscono l’immagine di un’isola che si svuota all’interno (dove va in crisi la tradizionale economia agropastorale) e si riempie ai bordi (dove c’è il mare e il turismo porta lavoro e reddito).

UN PROCESSO CHE E’ DURATO DECENNI e che ora arriva ai suoi esiti estremi. Esiti non facili, dolorosi. Esiti che per trentuno piccole comunità significano estinzione. E causano l’abbandono di ampi territori prima coltivati o sfruttati per il pascolo. Zone sempre più spesso esposte, ora che la presenza umana si riduce fin quasi a scomparire, alla piaga degli incendi e a quella meno visibile, ma altrettanto drammatica, della desertificazione. Si può invertire il giro di questa giostra di morte?

MOLTE DELLE TRENTUNO COMUNITA’ SARDE date per perse pensano di sì. Lo pensano le cittadine e i cittadini di Bulzi, che per trovare una via d’uscita hanno dato vita a un’esperienza di democrazia deliberativa. Pratica ormai diffusa in Europa e un po’ meno in Italia, attraverso la quale ai meccanismi esausti della democrazia rappresentativa si affiancano processi decisionali basati sulla discussione pubblica in assemblee composte da individui eletti a sorte. Per diffonderla l’Unione europea ha creato, su iniziativa congiunta del parlamento, del consiglio e della commissione, un progetto che si chiama Conferenza sul futuro dell’Europa. Obiettivo, raccogliere indicazioni dal basso utili a trovare soluzioni per grandi questioni di rilevanza continentale.

COME? I CITTADINI DELL’UNIONE che aderiscono al progetto possono condividere idee e contributi da inviare on line a Bruxelles su una piattaforma digitale multilingue creata apposta; oppure possono dare vita ad assemblee locali, nelle quali discutere per avanzare poi suggerimenti e proposte ai decisori Ue. Protagonisti di una di queste esperienze di democrazia dal basso sono i 572 abitanti di Bulzi. Fa un po’ fa sorridere, magari, che un piccolo paese di montagna, isola di un’isola, guardi con fiducia ai vertici della grande macchina europea e all’effettiva capacità della burocrazia Ue di trovare un modo perché tra sessant’anni’anni qui non ci vivano solo volpi e lucertole.

MA A BULZI CI CREDONO E CON LA LORO Pro Loco hanno messo a punto un progetto triennale che si chiama Eu puru (tradotto dal sardo, Anch’io). Se lo sono fatti finanziare dalla Fondazione di Sardegna (emanazione del gruppo bancario emiliano Bper) e si sono fatti assistere dal team di esperti di Associazione civica, società sarda che, dentro i circuiti nazionali ed europei di Prossima democrazia e di Europe’s People’s Forum, lavora da anni nel campo della democrazia deliberativa.

SABATO SCORSO NELLA SALA DEL MUSEO del territorio c’era tanta gente per partecipare all’estrazione dei membri dell’assemblea che sarà il cuore di Eu puru. I criteri sono inclusivi. I prescelti dalla sorte sono divisi in tre gruppi di età: fino ai cinquant’anni, dai cinquanta ai sessanta, oltre i sessanta. All’interno di ciascun gruppo metà sono donne e metà uomini. Nessuna barriera di livello di istruzione. Nei mesi scorsi a tutti degli abitanti di Bulzi è stata spedita una lettera per chiedere l’adesione. Hanno risposto in cinquanta. Tra questi è stata fatta la scelta, effettuata con un semplice sistema di bussolotti, di dodici persone. Resteranno in carica per il primo dei tre anni di durata del progetto. Per gli altri due, nuove estrazioni.

«LAVORIAMO – DICE STEFANO SOTGIU, responsabile di Associazione civica – per portare l’Italia al livello degli altri Paesi europei ed extraeuropei, convinti che, considerata la crisi profonda dei modelli democratici attuali, una pratica radicale di democrazia informata e deliberativa sia la chiave per molti dei problemi contemporanei. Lo facciamo anche realizzando progetti come questo di Bulzi. Paese che non è stato scelto a caso. La voce delle realtà rurali in Europa, infatti, è a tutt’oggi flebile e le istituzioni comunitarie sono ancora lontane dai territori più periferici e più marginali. Unico al momento in Italia, il progetto Eu puru rompe l’ isolamento di una minuscola comunità e nello stesso tempo indica una strada a tutti i piccoli comuni, in Sardegna come nella penisola».

«E’ GIUNTO IL MOMENTO – DICONO A BULZI – di scegliere se vogliamo salvarci da un declino economico e demografico inesorabile e prossimo oppure rimanere impassibili a osservare la fine del nostro paese. Non possiamo più rinviare la decisione, non c’è più tempo. Vogliamo dare vita a un’esperienza di cittadinanza partecipata in cui ognuno di noi collabori a definire un disegno strategico fatto di proposte e di idee, realizzato con l’ausilio di esperti. Vogliamo essere costruttori consapevoli del nostro futuro».