Se alla Leopolda l’unità del partito di Renzi ha mostrato tutte le sue crepe, in Campidoglio sono già fossati. Era previsto che durasse al massimo tre o quattro ore, la riunione a porte chiuse dei consiglieri Pd convocata d’urgenza ieri pomeriggio per decidere come reagire al boomerang mediatico del sondaggio Swg, commissionato dallo stesso capogruppo Francesco D’Ausilio a uso e consumo delle correnti interne, che rileva – ma non è una novità – il crollo verticale dei consensi dei romani verso il sindaco Ignazio Marino. Una riunione che invece si è protratta più del dovuto sforando sui limiti di tempo e costringendo i consiglieri democratici a sciamare alla ricerca di un’altra sala libera in via delle Vergini. A sera, dopo aver «congelato» le dimissioni presentate in apertura di riunione da D’Ausilio, è la vice capogruppo Giulia Tempesta a comunicare la decisione: «Forti restano le preoccupazioni per i dati emersi dal sondaggio, per cui il gruppo del Pd chiederà a breve al sindaco Marino che iniziative intenderà mettere in campo per il rilancio dell’azione di governo».

Difficile infatti trovare la quadra tra la necessità di non mollare il governo della città al centrodestra (che secondo il sondaggio andrebbe al ballottaggio, se si votasse ora, con il 27,5% contro il 43% del centrosinistra), i problemi reali di cui soffre con ogni evidenza la città e registrati in quel 20% di consensi a cui è arrivato il chirurgo-sindaco, e la «zizzania» diffusa nel Pd dagli «esperti seminatori», secondo la definizione dello stesso Marino. Il sindaco però non nutre alcun dubbio sulla «assoluta lealtà dei rapporti» con Nicola Zingaretti che di quel sondaggio è vincitore assoluto. La fiducia dei cittadini della Capitale rispetto ai membri del Pd infatti è riposta, secondo i risultati del questionario Swg, soprattutto sul presidente della Regione Lazio (il 54%) che stacca addirittura di dieci punti Matteo Renzi (fermo al 44%). Se poi si restringe il campo agli elettori del Pd, il gradimento del governatore del Lazio sale addirittura all’84%, con Renzi al 75% e Marino al 41%. Ma Zingaretti fa di tutto per rimanere estraneo al gioco della «zizzania» che lo vorrebbe come prossimo candidato a sindaco, e su twitter lancia l’hashtag «#melasciasseroinpace».

Anche il segretario romano del partito, Lionello Cosentino, cerca di riportare la palla al centro, sui problemi reali della città: «L’errore principale che io vedo è il concentrarsi dell’attenzione del governo cittadino quasi esclusivamente sui nodi e sui temi che riguardano le aree più centrali della città, anche facendo cose molto buone: il Tridente pedonalizzato, la lotta all’abusivismo commerciale, scelte sacrosante». Il problema sta nelle periferie, è evidente. Ma a dispetto di quanti ieri disegnavano uno scenario difficile tra il sindaco romano e il premier Renzi, a sera interviene il braccio destro di Matteo Renzi, il vicesegretario nazionale dei democratici Lorenzo Guerini: «Non hanno alcun senso chiacchiere e polemiche interne al Pd sul sindaco Marino. È stato eletto e deve andare avanti».