Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro è abituato a dosare le parole. Perciò, se dice che «la terza dose di vaccino anti-Covid per tutta la popolazione è uno scenario verosimile» significa che quella è la direzione scelta. «Noi continueremo a fare come abbiamo sempre fatto – ha detto intervenendo a un convegno a Venezia – monitorando sempre la persistenza della risposta immunitaria, e man mano che ci saranno le evidenze del caso, saranno declinate dal punto di vista organizzativo». A Venezia c’era anche Gianni Rezza, dg della prevenzione al ministero che ormai fa coppia fissa con il presidente Iss. Lui mette le mani avanti: «Abbiamo ancora del tempo per decidere sulla terza dose riservata alle persone più giovani, del resto la maggior parte ha cominciato il ciclo vaccinale a ridosso dell’estate e non sono passati i sei mesi per l’ulteriore richiamo».
LO STILLICIDIO delle circolari ministeriali però suggerisce da tempo in quale direzione si va. Quella che raccomandava il richiamo vaccinale per gli over 80 (oltre agli immunodepressi e ai sanitari) è del 27 settembre. Ma già l’8 ottobre una nuova circolare abbassava l’età fino agli ultrasessantenni. Estenderla a tutti è una questione di tempo più che di dati, pochi ma confusi.

La terza dose è ritenuta necessaria perché l’immunità acquisita dai vaccinati sembra diminuire con il tempo. Oltre alle cifre fornite settimanalmente dall’Iss, tutti guardano ai dati di Israele e Regno Unito, che hanno iniziato a vaccinare prima di noi. Interpretarli non è facile. «Partiamo dai dati raccolti in Italia: la difesa dall’infezione cala, ma questo era previsto», spiega Matteo Villa, ricercatore all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. «Sulla malattia grave però si osserva una buona tenuta. La protezione nei confronti dei decessi, per esempio, è scesa solo dal 96 al 90% in questi mesi tra gli over 80». Nel Regno Unito però l’immunità sembra inferiore. «Lì è calata dal 70 al 60% nella stessa classe di età e non è chiaro il motivo di questa differenza». Si ipotizza che conti il vaccino usato da noi e a Londra. «In Italia gli ultraottantenni hanno ricevuto nel 98% dei casi un vaccino a mRna, mentre nel Regno Unito al 70-80% è stato usato il vaccino AstraZeneca».

Dunque l’Italia è più protetta, grazie a Pfizer e Moderna? «Se la protezione cala dello 0,3% a settimana, come è avvenuto finora, possiamo attenderci che rimanga elevata fino alla fine dell’anno – spiega Villa – ma l’arrivo dell’inverno suggerisce prudenza. Con la variante Delta così contagiosa e la mobilità delle persone all’incirca agli stessi livelli pre-pandemici, è prevedibile ci sia un ritorno del virus. Se aspettassimo una nuova ondata per ripartire con le vaccinazioni, potremmo farci trovare impreparati».

Dal canto suo, l’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha lasciato mano libera agli Stati. «A livello nazionale – è la posizione dell’Ema – le agenzie di sanità pubblica possono emanare raccomandazioni ufficiali sull’uso delle dosi di richiamo, sulla base delle evidenze di efficacia che emergono man mano e dei limitati dati sulla sicurezza». Al ministero della Salute è stato preso come un «via libera». Anche perché Francia e Germania sono già più avanti di noi nella somministrazione della terza dose.

ALL’ORGANIZZAZIONE mondiale della Sanità c’è preoccupazione, perché l’appello ad attendere che tutti i paesi abbiano vaccinato il 10% della popolazione prima di iniziare con i richiami è caduto nel vuoto. Tutta l’Africa equatoriale è ben al di sotto della soglia. L’Unione Europea invece ha già prenotato 900 milioni di dosi Pfizer e 150 milioni di Moderna per il 2022. La consegna di questa nuova fornitura potrebbe provocare una carenza di fiale nel resto del pianeta, dove in tanti aspettano la prima dose. Secondo i calcoli del sito ourworldindata.org, nel mondo si iniettano circa un milione di terze dosi al giorno, cioè oltre il triplo di tutte le dose somministrate quotidianamente nei 27 paesi «a basso reddito» secondo la classificazione della Banca Mondiale, quasi tutti collocati in Africa. Proprio quelli da cui si teme l’arrivo di nuove varianti capaci di aggirare i vaccini attuali vanificando le campagne di immunizzazione.

NONOSTANTE IL RISCHIO, c’è chi chiede al governo di accelerare. «Bene il Green Pass, ma bisogna correre sulle terze dosi», scrive ad esempio Matteo Renzi nella sua newsletter. «Come accaduto in Israele, diciamo la verità: la terza dose va fatta a tutti!». È diventato un suo tormentone. Mentre i deputati del Movimento 5 Stelle invitano a procede sulla base dei dati: «La strategia di offerta vaccinale a favore di ulteriori gruppi di popolazione non potrà che essere decisa sulla base dell’acquisizione di evidenze scientifiche e dell’andamento epidemiologico», scrivono in una nota comune i pentastellati della commissione Affari costituzionali.

ANCHE LA STAGIONE suggerisce prudenza e chiama a uno sforzo di comunicazione, finora il tallone di Achille di Figliuolo. L’avvio della nuova campagna vaccinale si sovrapporrà alla probabile vaccinazione dei bambini (già in via di autorizzazione negli Usa), al dibattito sulla proroga dell’obbligo di green pass e dello stato di emergenza, alle prevedibili proteste dei gruppi no pass e no vax. La terza dose potrebbe dar loro nuova linfa, perché dimostrerebbe che le vaccinazioni non sono una soluzione definitiva. E reclutare persino nuovi oppositori nell’ampio bacino dei perplessi.