La Turchia inizia a sentire i contraccolpi della grave crisi politica che sta attraversando il paese. Il turismo è in calo vertiginoso rispetto allo scorso anno. E così il premier, Ahmet Davutoglu, non può che fare leva su annunci a effetto come il tante volte auspicato aumento del 30% dei salari minimi. Tutto questo per nascondere la guerra che è in corso nel Kurdistan turco. Nella città di Nusaybin, dopo giorni di coprifuoco, in migliaia hanno partecipato ai funerali delle cinque persone uccise negli ultimi giorni in scontri tra forze di sicurezza e combattenti kurdi del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Nel quartiere di Sur a Diyarbakir, dove è stato ucciso a sangue freddo lo scorso novembre, l’avvocato Tahir Elci, sono continuati scontri e incendi. Anche l’antica moschea di Kursunlu è andata incendiata in scontri tra forze di sicurezza e combattenti kurdi.

Mentre a Derik si sono incontrate le forze kurde, impegnate in Rojava, insieme ad arabi, assiri e yazidi. Le Unità di protezione maschili e femminili (Ypg-Ypj) ancora una volta non hanno preso parte ai colloqui delle opposizioni siriane. Tuttavia si trovano a dover fronteggiare, da una parte, le mire turche che vorrebbero controllare con safe-zone, approvate dalla Nato, il nord della Siria, dall’altra, il tentativo russo di riportare Rojava sotto il controllo di Damasco (sarebbero per la prima volta arrivati a Kobane anche soldati dell’esercito regolare). E, infine, le mire degli Stati uniti di controllare non solo la base di Incirlik in Turchia da dove partono i raid anti-Stato islamico, Washington vorrebbe anche costruire una base Usa in Rojava. Tornado da ricognizione e soldati tedeschi, che avevano lasciato pochi mesi fa il confine turco-siriano, sono tornati ieri a Incirlik per prendere parte al conflitto anti-Is in Siria. Venerdì scorso il Bundestag aveva approvato l’intervento militare di Berlino in Siria.

Ankara deve anche fronteggiare la crisi diplomatica con Baghdad dopo l’invio di truppe e carri armati nel Kurdistan iracheno. Il capo dell’Intelligence turca, Hakan Fidan, e il sottosegretario agli Esteri, Feridun Sinirlioglu, si sono recati nella capitale irachena ieri. Ankara ha intenzione di realizzare una base a Bashiqa, 30 km a Nord della roccaforte di Is di Mosul. Il ministero degli Esteri turco ha chiesto ai connazionali di lasciare l’Iraq a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza e per minacce ad aziende e cittadini turchi. L’aggressività del governo turco che ha abbattuto lo scorso novembre un jet russo Sukhoi Su-24 al confine tra Turchia e Siria ha determinato gravi sanzioni economiche, imposte da Mosca, che avranno effetti immediati sull’economia del paese.

L’alleato di ferro di Erdogan, il leader del partito democratico del Kurdistan (Pdk), il neo-liberista, Massud Barzani, è volato ad Ankara proprio per discutere la nuova presenza turca nel Kurdistan iracheno. Condanna esemplare invece è stata decisa per gli scafisti che hanno causato la morte del piccolo profugo kurdo, Aylan Kurdi, lo scorso autunno. Trentacinque anni di carcere sono stati inflitti ai due trafficanti.