«Le è piaciuto lo spettacolo ieri sera?» Il quaderno color rosa spento è aperto sul tavolino del treno, pieno di parole tratte dalle poesie di Josif Brodskij, Premio Nobel della letteratura 1987. Tracce sparse, lo schizzo di un uomo che ha la sinuosità di un fauno, quella che vibra in Torso, magnetica poesia del 1972: «Se capiti d’un tratto tra le erbe di pietra…»
Rientro da Venezia, lo spettacolo che suscita la conversazione è Brodsky/Baryshnikov, titolo che ha chiuso al Teatro La Fenice la sua tournée italiana, dopo le tappe al Napoli Teatro Festival e al Comunale di Firenze. Un masterpiece per la regia del lettone Alvis Hermanis, debutto a Riga nel 2015, unico interprete Mikhail Baryshnikov. Poesia, teatro, danza, intrecciati al di là di ogni categorizzazione, un viaggio di risonanze inattese tra immagini, parole e movimento: «La penna non sa come finisce ogni sua riga…»

Il mio casuale compagno di viaggio è Matteo Campagnoli, traduttore dei sopratitoli italiani dello spettacolo, che con Anna Raffetto ha curato per Adelphi l’edizione italiana della raccolta postuma di poesie di Brodskij E così via. Vorrei sapere di più sulla scelta dei testi catturati a sprazzi vedendo lo spettacolo come l’ultimo letto da Baryshnikov e composto da Brodskij a soli 17 anni, con quell’invito «sia coraggiosa la tua strada…» che dalla scena si rivolge alla platea. Il tempo è poco, ma risento quel misto di meravigliosa bellezza caduca che ha il tratto dello spettacolo: «Stirpe giovane e ignota ti saluto…»

Baryshnikov incontra Brodskij per la prima volta nel 1974 a New York. Il danzatore ha appena lasciato l’Urss, Brodskij è stato espulso dal paese due anni prima. «Parlammo senza posa» ricorda Baryshnikov spiegando lo spettacolo. «Entrambi avevamo vissuto a Leningrado gli anni della formazione. Amici e conoscenti, abitudini e situazioni: le nostre esperienze si rivelarono sovrapponibili e condivise. Ricordammo i luoghi dove abitavo nel mio decennio a Leningrado. Tutta quella bellezza – disse – e ce ne siamo andati lasciandola alle spalle… Da quella sera in poi la nostra conversazione continuò senza sosta per oltre vent’anni».

È un giardino d’inverno dalla tinta verdeazzurro a occupare a Venezia il centro della scena. Il sipario è già aperto quando entra il pubblico e la struttura morbidamente bombata in ferro e vetro appare incorniciata dall’ovale oro e azzurro della sala. Baryshnikov in giacca, pantaloni e camicia è arrivato in scena dal giardino d’inverno, si siederà su una panchina appena fuori, avvolto da una luca calda. Ha una valigia con dentro qualche libro, una sveglia, una bottiglia. Inforca con calma gli occhiali. Sfoglia un testo, legge. È la prima delle poesie che ascolteremo in russo, recitate a memoria, lette, alcune registrate con la voce di Brodskij. In alto, sul tetto della struttura, scorre lentamente il testo in italiano.

Baryshnikov, che di anni ne ha appena compiuti 70, ha una vis camaleontica che lo ha traghettato nella danza dal balletto al postmodern, che lo ha visto infuocare testi come La metamorfosi di Kafka e come I Diari di Nijinskij in Letter to a Man di Bob Wilson, danzatore, attore di teatro, televisione, cinema. Eccolo a Venezia ruotare a braccia aperte su se stesso mentre la poesia ci ricorda come il movimento non sia altro che lo spostamento del peso del corpo in altro luogo, eccolo teso in un gesto flamenco mentre le parole raccontano di un cavallo nero i cui occhi brillano come scintille, eccolo divenire fiore con una qualità tra il maschile e il femminile talmente delicata da farlo sentire parente al padre del butoh giapponese Kazuo Ohno, e ancora come non ripensare a Baryshnikov in piedi su una sedia, sfidare la morte e il destino mentre il corpo si contorce sulle parole de Il ritratto della tragedia?

Il teatro è sold out, tanti i giovani. Il fatto è che Micha, oggi come ieri, è uomo e artista con il potere di scuotere il pubblico sul senso dello stare in scena, sulla autenticità della presenza, sulla forza del teatro tout court che sia balletto, recitazione o altro. Un artista magistrale che non smette di mettersi in gioco, già pronto al prossimo progetto, un’installazione e una performance con Jan Fabre.