Altro che tregua, in Yemen un civile ucciso ogni 8 ore

A tre mesi dal dialogo svedese tra governo yemenita e ribelli Houthi e a quattro anni dall’inizio dell’operazione militare a guida saudita, in Yemen si continua a morire. L’ultima denuncia è dell’ong Oxfam: da fine 2018 tre civili hanno perso la vita ogni giorno, uno ogni otto ore. Tra le zone più colpite c’è Hodeidah, città portuale sul Mar Rosso: nonostante la tregua nelle ultime 11 settimane qui sono stati uccisi un terzo dei 231 civili vittima di raid aerei e scontri di terra. Non solo: «C’è una gravissima emergenza idrica e sanitaria – dice Paolo Pezzati di Oxfam Italia – Quasi 18 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua pulita e in 19,7 all’assistenza sanitaria».

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Kashmir, maestro muore in carcere. Proteste in strada

Ieri in Kashmir centinaia di manifestanti si sono scontrati con le forze armate indiane dopo la morte di un giovane insegnante in custodia. Rizwan Asad Pandit, insegnante di chimica di 29 anni, era stato arrestato domenica sera, prelevato da casa sua nell’ambito di un’indagine per terrorismo, secondo quanto dichiarato dalla polizia indiana. Che ieri ha fatto sapere che «la persona è morta in custodia» senza specificarne la cause. Subito è esplosa la protesta, con la famiglia Pandit che parla di omicidio a sangue freddo. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni e le autorità hanno sospeso internet.

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«Ri-arresto» di migranti, la Corte dà ragione a Trump

L’amministrazione Trump ieri ha segnato un punto: la Corte suprema degli Stati uniti ha emesso una sentenza favorevole alla politica anti-migranti della Casa bianca. Con cinque voti a favore e quattro contrari, i giudici hanno riconosciuto come legittima l’incarcerazione in qualsiasi momento di migranti (non illegali, ma in possesso di carta verde di residenza) che abbiano già scontato la pena per un reato. Una volta rilasciato a fine sentenza, cioè, un migrante può essere detenuto anche anni dopo aver scontato la sua pena, in attesa dell’eventuale ordine di deportazione.