Google/1. Ricorso perso, resta la maxi multa

Appello rigettato: ieri la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha confermato la multa di 2,42 miliardi di euro inflitta quattro anni fa a Google per abuso di posizione dominante. La motivazione: aver favorito, nel motore di ricerca, il proprio servizio di acquisti (Google Shopping) rispetto a quelli dei concorrenti. La sanzione era stata comminata nel 2017 dalla Commissione Ue, Google aveva fatto appello. Ma secondo il tribunale «Google si è allontanata dalla concorrenza nel merito», ponendo i servizi di comparazione degli acquisti dei rivali nei risultati generici.

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Google/2. Londra, l’Alta corte blocca la class action

Sconfitta a Bruxelles, Google vince a Londra: la Corte suprema britannica ha bloccato una class action da tre miliardi di sterline (3,5 miliardi di euro). A guidarla Richard Lloyd, ex direttore dell’associazione di consumatori «Which?», che accusava la società di aver segretamente tracciato 4,4 milioni di iPhone nel Regno unito tra il 2011 e il 2012, raccogliendo i dati degli utenti attraverso il browser Safari. La Corte suprema ha però ribaltato la decisione della Corte di appello che nel 2019 aveva autorizzato a procedere contro Google: non è «sostenibile» affermare che ogni utente abbia diritto a un risarcimento senza dimostrare danni mentali o finanziari.

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Fatti di Capitol Hill, al Congresso le telefonate di Trump

La giudice distrettuale Tanya Chutkan ha stabilito che la commissione del Congresso Usa che sta indagando sull’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio deve poter accedere ad alcuni dei documenti segreti e telefonate registrate dell’allora presidente Trump per poter stabilire un suo eventuale coinvolgimento o comunque di una sua conoscenza pregressa delle intenzioni dei manifestanti. Trump ha sempre invocato il privilegio presidenziale e ha già annunciato ricorso: probabilmente il caso finirà di fronte alla Corte suprema.

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Bomba in auto, uccisa giornalista yemenita incinta

Stava andando in ospedale per partorire la giornalista yemenita Rasha Abdullah, accompagnata dal marito (anche lui reporter) Mahmoud al-Atmi. Ma un ordigno nella loro auto è esploso: Abdullah è morta, al-Atmi è rimasto ferito. È successo nella città meridionale di Aden, sede del governo ufficiale in esilio dalla capitale Sana’a, il cui controllo è stato assunto dal 2014 dai ribelli Houthi. Nessuna rivendicazione, ma al-Atmi accusa gli Houthi.