Poliziotto ucciso in una sparatoria a New York

Un poliziotto newyorkese appena 22enne – Jason Rivera – è morto, mentre un suo collega è all’ospedale, in gravi condizioni, dopo una sparatoria in un appartamento di Harlem venerdì notte. I due agenti, e un terzo collega, avevano risposto alla chiamata di una donna per un litigio con il figlio, Lashawn McNeil (di 47 anni) che ha aperto il fuoco contro i tre poliziotti quando, arrivati sul posto, si sono diretti verso la stanza in cui si era chiuso. Il terzo agente ha sparato a McNeil, ferendolo gravemente.
«È la nostra città contro gli assassini», ha detto il neosindaco di NY Eric Adams – ex poliziotto che ha condotto la sua campagna elettorale sulla promessa di fermare l’ondata di violenza armata che attanaglia la città specialmente dall’inizio della pandemia – a una conferenza stampa all’ospedale di Harlem. Dove ha invocato la collaborazione del governo federale per fermare il traffico di armi: «Voglio essere chiaro. Non ci sono produttori di armi a New York. Qui non produciamo armi. Abbiamo bisogno che Washington agisca ora per fermare il flusso di armi dirette qui e nelle città come New York».

Dagli Usa 90 tonnellate di armi per Kiev

Sono arrivate ieri, a rendere pubbliche le foto è stata la stessa ambasciata Usa a Kiev: 90 tonnellate di «aiuti letali» (armi e munizioni) inviati dagli Stati uniti all’Ucraina, nel mezzo di una crescente tensione tra Washington, Mosca e Nato. L’invio giunge a pochi giorni dalla visita a Kiev del segretario di Stato Usa Blinken che aveva informato il Congresso in merito.
Lo scorso dicembre il presidente Biden aveva approvato un piano di sostegno militare al governo ucraino pari a 200 milioni di dollari in quello che è stato definito «l’impegno al diritto sovrano dell’Ucraina all’autodifesa», seppure la Russia abbia negato di aver piani di invasione o attacco del paese. Poche ore prima dell’invio, il ministro russo degli esteri Lavrov aveva discusso con Blinken di una necessaria de-escalation. Che al momento non sembra nell’aria.

Attacco Isis nel Rojava, altro giorno di scontri

È proseguita nella giornata di ieri l’operazione delle Forze democratiche siriane (Sdf) nel quartiere Ghiweiran ad Hasakah, nella Siria del nord-est. Giovedì sera una rivolta interna al carcere di Sina’a e l’attacco coordinato dall’esterno da parte dell’Isis aveva provocato l’evasione di un centinaio di islamisti e scontri per le strade della città.
Con il sostegno aereo (e, secondo fonti sul campo, anche terrestre) della coalizione a guida Usa, le Sdf hanno catturato gli evasi ma gli scontri sono continuati, soprattutto dentro la prigione dove gli islamisti avevano preso il controllo di alcuni edifici e ostaggi tra le guardie. I civili nel quartiere sono stati portati in salvo e le Sdf hanno imposto il coprifuoco. Sarebbero almeno 56 i miliziani dell’Isis e 28 i membri delle Asaysh (le forze di sicurezza curde) uccisi negli scontri a Ghiweiran e nei quartieri vicini, dove gli islamisti hanno cercato rifugio. «Le nostre forze hanno completamente circondato Ghiweiran – si legge in una nota di ieri delle Asaysh – Le operazioni per catturare i mercenari proseguono». Quello in corso resta il più grande attacco dell’Isis compiuto da anni in Rojava, Siria del nord-est.