Lockdown di 5 giorni a Pyongyang «Virus respiratorio»

Nella capitale nordcoreana Pyongyang sarebbe cominciato un lockdown di cinque giorni per arginare il contagio di una non meglio specificata malattia respiratoria. Lo riportano il sito di notizie nordcoreane (sede a Seul) NK News e l’ambasciata russa in Corea del Nord che ha pubblicato un avviso di Pyongyang in cui si invita il personale diplomatico a ridurre le uscite allo stretto necessario e, come per il resto della popolazione, a misurare la febbre quattro volte al giorno. Pare che i cittadini della capitale abbiano fatto scorte di generi alimentari in previsione del lockdown, che potrà essere prorogato di tre giorni in tre giorni. L’avviso non fa menzione del Covid, lo scorso agosto dichiarato «sconfitto» dalla Corea del Nord.

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L’Iran sanziona eurodeputati, l’ultradestra danese e Charlie Hebdo

L’Iran ha introdotto nuove sanzioni (divieto di ingresso e congelamento dei beni detenuti nel paese) contro enti, funzionari e politici europei accusati di «sostenere il terrorismo» e «fomentare i disordini», in riferimento alla rivolta iniziata a metà settembre. Presi di mira diversi deputati del parlamento europeo, vertici militari, il comitato esecutivo della rivista francese Charlie Hebdo e Rasmus Paludan e Edwin Wagensveld, leader dell’ultradestra danese, per insulti al Corano (il primo lo scorso sabato ne ha bruciato a Stoccolma una copia).

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Due palestinesi uccisi, sono 20 dall’inizio del 2023

Ieri l’esercito israeliano ha ucciso due palestinesi, portando a 20 il bilancio degli uccisi nel solo 2023: Aref Abdel Nasser Lahlouh, 20 anni, colpito a un checkpoint a Qalandiya dove avrebbe tentato di accoltellare un soldato; e Salah Mohammed Ali, ucciso a Gerusalemme in un raid israeliano a Shuafat.

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«Censura indiana» su Twitter e YouTube

L’«assolutista della libertà di parola» Elon Musk ha subito accolto la richiesta del governo indiano: cancellare oltre 50 post su Twitter contenenti dei link a un documentario della Bbc che affronta il ruolo del primo ministro Narendra Modi nel massacro di musulmani (oltre 1.000 vittime) nello stato del Gujarat nel 2002. L’ingiunzione è rivolta anche a YouTube, che ha accettato di bloccare ogni upload del documentario. In India, le forze di polizia hanno interrotto la linea elettrica e internet in un’università che aveva in programma una proiezione del film. Restano invece al loro posto i tweet di un funzionario del ministero dell’Informazione di Nuova Delhi che definisce il film «spazzatura anti-indiana» e osserva che le piattaforme hanno «ottemperato alle istruzioni» del governo.