Razzismo puro. Se la prendono con Cecile Kyenge non per quello che fa o che non fa, ma semplicemente perché è di colore. Solo per questo da mesi, ogni volta che il ministro all’integrazione visita una città del nord, la Lega e vari estremisti di destra cercano di mettere in scena l’ennesima gazzarra. E’ il loro odioso modo per farsi vedere e per far sapere al mondo che esistono ancora e che sono sempre gli stessi. Ieri è successo a Brescia. E questa volta è dovuta intervenire la polizia.

Il ministro era attesa ad un convegno organizzato dal Comune e dai sindacati confederali con ospiti della diocesi e delle associazioni. Un evento istituzionale nella città dove da sempre l’immigrazione è più forte, radicata e integrata. All’incontro erano invitate anche le bresciane Simona Bordonali (Lega Nord) e Viviana Beccalossi (Fratelli d’Italia), assessori all’immigrazione e al territorio della Regione Lombardia. La prima ha boicottato l’evento. La seconda invece ha deciso di esserci, ma fuori, in piazza Arnaldo (storico ritrovo delle destre bresciane), a capo del presidio anti-Kyenge organizzato da Fratelli d’Italia, dalla Lega, dai club Forza Silvio e affianco ai contestatori di Forza Nuova. In tutto erano poco più di 100 persone che però non hanno perso l’occasione di provocare gli antirazzisti presenti. Ne sono seguiti insulti e spintoni fermati dagli agenti in tenuta antisommossa.

Kyenge è arrivata al convengo in mattinata. Ad aspettarla fuori dal palazzo per una manifestazione autorizzata i migranti, le associazioni antirazziste e della casa venute a chiederle interventi più efficaci. In particolare a Brescia dopo un’inchiesta della magistratura la prefettura è bloccata e non riesce ad esaminare le domande dei permessi di soggiorno. Alcuni migranti sono ammessi al convengo, tra loro anche quelli che alcuni anni fa erano saliti su una gru per protestare contro la legge Bossi-Fini. A debita distanza ci sono la Beccalossi e Fratelli d’Italia, i leghisti con l’ex vicesindaco di Brescia e ora consigliere regionale Fabio Rolfi e i club Forza Silvio. Quattro gatti. Beccalossi si giustifica così: “A Brescia si lavora”. A fianco il manipolo di Forza Nuova, una quarantina in tutto, compatti dietro due striscioni, uno dei quali rappresenta un biglietto di sola andata per il Congo intestato alla Kyenge. “Brescia sociale non multirazziale”, è il loro slogan. “Qui ci sono anche Lega e Pdl – grida il loro capo – sono vent’anni che governano in Lombardia e l’immigrazione è sempre di più, sono solo chiacchiere e distintivo, andrebbero presi a calci in culo”. La questura ha stabilito che devono restare tutti in piazza Arnaldo. E invece Beccalossi, Rolfi e una ventina di provocatori decidono di andare sotto Palazzo Barnaba in cerca di visibilità. Dicono ai migranti di stare zitti, provano a srotolare uno striscione con scritto “Italianità, storia e tradizione non immigrazione”. Gli antirazzisti al momento neppure li notano, poi gli urlano di andarsene. Partono insulti e qualche spinta. La Beccalossi estrae la bandiera di Fratelli d’Italia, intervengono gli agenti della Digos che chiamano Rolfi e Beccalossi per nome e gli dicono di allontanarsi. Alla fine se ne vanno e Rolfi da lontano ancora grida: “Venite qua coglioni clandestini”.

“Penso che ciascuno abbia bisogno di farsi ascoltare – è stata la fin troppo mite risposta del ministro Kyenge – ognuno della comunità e dei gruppi presenti manifesta un suo modo per farsi ascoltare. Io rappresento un’istituzione quindi quando si vuole parlare con un’istituzione si va dall’istituzione”. Ma l’assessore Beccalossi non ha nessuna voglia di parlare con Kyenge. Gioca la parte di quella che non ha potuto manifestare contro il ministro “razzista al contrario” che discrimina gli italiani. Il suo obiettivo non era discutere ma farsi vedere, e a modo suo ci è riuscita. La Russa la difende, il Pd si indigna, Maroni tace e acconsente.