Quella che sembrava una partita a senso unico diventa improvvisamente un duello serrato e dai risvolti imprevedibili. Se fino a un mese fa Dilma Rousseff navigava spensierata verso un’agevole rielezione, in Brasile sembra improvvisamente cambiato il vento e il risultato che uscirà dalle urne il prossimo 5 ottobre non è più così scontato.

A rimescolare le carte, spianando la strada all’ascesa vertiginosa della candidata socialista Marina Silva, una serie di fattori che segnano il punto più basso della gestione Dilma e dell’intera era del Partito dei lavoratori (Pt) al governo, dal 2003 a oggi: la recessione tecnica sancita dalla contrazione del Pil per il secondo trimestre consecutivo (prima 0,2%, quindi 0,6%); il crollo degli investimenti per il quarto trimestre consecutivo (-5,3%, peggior indicatore dal 2009); l’impennata dell’inflazione (schizzata al 6%); e, soprattutto, le prospettive per nulla esaltanti in termini di crescita economica (un modesto 0,3% per il 2015, sugli stessi livelli della Russia alle prese con un conflitto armato).

Tutti fattori che alimentano un forte desiderio di cambiamento, interpretato alla perfezione dallo spirito innovatore di Marina Silva: la candidata socialista che – secondo l’ultimo sondaggio di Datafolha – ha stravolto lo scenario elettorale raggiungendo Dilma Rousseff nelle intenzioni di voto al 34%.

Recessione e sprint elettorale
A tenere banco in questi giorni è soprattutto la recessione tecnica, abbattutasi come un macigno su un governo già in deficit di consenso. Dilma ha minimizzato, sostenendo si tratti di una «contrazione momentanea, colpa dei Mondiali, con i numerosi giorni di ferie che hanno frenato la produzione industriale, e dello scenario internazionale».
Ma il peggior tasso di crescita del Pil su base annua tra tutti i Paesi del Brics, il gruppo di economie emergenti composto da Brasile (-0,9%), Russia (+0,8%), India (+5,7%), Cina (+7,5%) e Sud Africa (+1%), è sintomo di una brusca frenata per il gigante brasiliano. Tra l’altro, stando sempre a Datafolha, cresce il partito di chi non crede alla rapida ripresa garantita da Dilma: più 9% negli ultimi tre mesi, fino a raggiungere un tasso di pessimisti pari al 30%, il più alto della gestione Rousseff.

In questo scenario fa irruzione Marina Silva, entrata in scena solo due settimane fa, dopo aver preso il posto del candidato socialista Eduardo Campos (deceduto il 13 agosto in un incidente aereo).

Dall’ufficializzazione della sua candidatura, il 20 agosto, Marina ha guadagnato 15 punti percentuali nelle intenzioni di voto, fino al fatidico aggancio. Ma c’è di più. Il sondaggio diffuso da Datafolha rivela anche che, se si andasse al ballottaggio oggi, Marina vincerebbe con un margine di circa dieci punti. Un colpo durissimo per la formula di governo, che a un mese dalle urne si trova obbligata a cambiare strategia.

Tra i membri del Pt c’è addirittura chi invoca il ritorno di Luiz Inácio da Silva, l’uomo del miracolo verdeoro dal 2003 al 2010. La campagna “Volta ja, Lula” raccoglie sempre più consensi su internet. Questo mentre tutti gli indicatori rivelano che la candidata del Psb (che già spopola tra i ceti medi e imprenditoriali) inizia a far leva anche sulle classi più povere, quelle beneficiate dai programmi sociali che hanno consentito al Pt di abbattere il tasso di miseria e promuovere l’alfabetizzazione. «Sarà una sfida appassionante», sostiene l’analista politico Malco Camargos, «perché nessuno come Marina incarna quel desiderio latente di rompere con la tradizionale polarizzazione tra Pt e Psdb».

Dilma affila le armi
Per Dilma, assicurano in Brasile, sarà complicato assicurarsi il secondo mandato. Il tasso di disoccupazione invidiato in tutto il mondo (5,4%) e la drastica riduzione della miseria grazie al programma “Bolsa Familia” restano i fiori all’occhiello della presidente in carica, che nel programma elettorale ha dato priorità al potenziamento del sistema assistenziale, al miglioramento delle infrastrutture e alla lotta contro l’analfabetismo.
Da buona ex guerrigliera, Dilma è subito partita all’attacco della principale rivale, accusandola di fare proposte «fondamentaliste, oscurantiste e retrograde. Il partito socialista fa pura demagogia, c’è da stare attenti», ha avvertito.

Il riferimento è a uno dei punti cardine del programma presentato da Marina: il «sensibile ridimensionamento del peso e dell’importanza dell’industria petrolifera per rilanciare quella dei combustibili naturali». Se si considera che lo sfruttamento dell’enorme giacimento scoperto lungo il litorale meridionale (circa 150 mila chilometri quadrati di oro nero di altissima qualità) contribuisce quasi al 50% del Pil, allora si comprende l’allarmismo in casa Pt.

L’outsider in ascesa
Marina, ad ogni modo, non è una sprovveduta. Cooptata dal Psb dopo il “no” del Tribunale elettorale alla lista da lei fondata (Rede Sustendabilidade), è reduce dalla positiva campagna presidenziale del 2010, quando ottenne quasi 20 milioni di voti presentandosi con il Partido Verde. Conosce bene il suo avversario, visto che nel 2003 entrò a far parte del governo Lula assumendo il Ministero dell’Ambiente.
Ma il connubio tra il Pt e l’ex sindacalista un tempo in prima linea al fianco di Chico Mendes si ruppe nel 2009 dopo innumerevoli divergenze. Marina ha lanciato un programma ambizioso, i cui cardini principali sono la riduzione dell’inflazione (dall’attuale 6% al 4,5%), l’aumento della spesa pubblica destinata a educazione e sanità (almeno il 3% del Pil) e l’indipendenza della Banca centrale sancita per legge.

Con un deciso tocco di neoliberismo, che prevede la sensibile riduzione dell’intervento statale, ha poi raccolto le simpatie dei grandi gruppi imprenditoriali. Evangelica praticante, Marina ha mostrato trasformismo, annunciando l’intenzione di regolarizzare le adozioni e i matrimoni per le coppie omosessuali.

I suoi critici sostengono che non abbia ancora spiegato come riuscirà ad attuare un piano così ambizioso, peraltro senza aver ancora fatto i nomi di chi dovrebbe comporre la sua squadra di governo. Lei, che ha conosciuto la povertà, ha imparato a leggere e scrivere a 17 anni, e ha lavorato nelle piantagioni di caucciù e come domestica, va dritta per la sua strada. «In questo momento contano le idee, non i nomi», ha tagliato corto Marina, che nei primi confronti televisivi tra candidati andati in scena a inizio settimana non ha fatto una gran figura. A suo favore, tuttavia, ha giocato il nervosismo mostrato da Dilma alle provocazioni di Aécio Neves, il candidato socialdemocratico.

Il terzo (in)comodo
Sullo sfondo di questo testa a testa al femminile, un po’ defilato, si trova Neves, sceso dal 20% al 15% nelle intenzioni di voto. Lanciato dall’ex presidente Fernando Henrique Cardoso, Neves si fa portavoce degli interessi dell’alta borghesia e accusa i socialisti di aver scopiazzato il suo programma, rispolverando il modello economico tradizionale del Psdb. Economista e politico di lungo corso, il 54enne è tuttavia conscio di avere poche chances di successo. Così come, allo stesso tempo, sa di poter giocare comunque un ruolo decisivo per far pendere l’ago della bilancia verso Dilma o Marina.

Nell’incertezza, ha già detto a chiare lettere che, «comunque vadano le elezioni, l’era del Pt è ormai giunta al termine». Una frase che ha alimentato l’ipotesi di un possibile appoggio alla candidata socialista. I fin dei conti, si vocifera in Brasile, Neves sarebbe anche pronto ad accontentarsi di una poltrona da senatore in Minas Gerais.