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Brasile, corpi dissidenti in Consiglio comunale

Brasile, corpi dissidenti in Consiglio comunaleDomenica 15 novembre 2020. La registrazione in un seggio elettorale della Rocinha, la più grande favela di Rio de Janeiro – Ap

Municipali 2020 Il recente voto locale ha visto l’exploit di 30 candidati Lgbt+, con un + 275% rispetto al 2016. Linda Brasil, prima trans eletta a Aracauju: «Un segnale di speranza in questo momento oscuro che sta attraversando la politica brasiliana, con un presidente razzista, omofobo, sessista e antiprogressista» Ma attenzione: il tradizionalismo vince ancora

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 4 dicembre 2020

Coragem para Transformar, in italiano «coraggio per trasformare», è lo slogan di Linda Brasil, 47 anni, consigliera comunale eletta in Brasile per la città di Aracaju, Sergipe. Appartenente al Psol (Partido Socialismo e Liberdade), Linda Brasil è la prima donna transessuale eletta ad Aracaju e la più votata in assoluto nella città, con 5.773 voti.

IL SUO SLOGAN LA DICE TUTTA: nel paese che, da dieci anni, guida la classifica mondiale delle morti violente delle persone LGBT+, ci vuole coraggio per diventare una persona pubblica essendo trans, per affrontare pregiudizi e anche minacce di morte, per assumere un nome sociale diverso e per battersi per questa causa.

Nelle elezioni amministrative brasiliane svoltesi il 15 novembre, 294 candidati di identità di genere non binarie hanno avuto quel coraggio. Di questi, 30 sono stati eletti, un aumento del 275% rispetto agli 8 eletti nel 2016, secondo i dati dell’Antra (Associação Nacional de Travestis e Transexuais). In alcune città, come Sergipe, San Paolo e Belo Horizonte, i candidati trans sono stati tra i più votati. «L’aspettativa di vita delle persone trans è di 35 anni. Questo risultato storico è un segnale di speranza in questo momento oscuro che sta attraversando la politica brasiliana, con un presidente razzista, omofobo, sessista e antiprogressista», racconta Linda al manifesto.

TRA I CANDIDATI che si sono identificati come transessuali e travestiti, 171 di loro hanno utilizzato il nome sociale, cioè il nome scelto per rappresentare la propria identità di genere. È stata la prima volta che i candidati alle cariche di consiglieri e sindaci hanno potuto identificarsi in questo modo.

 

Linda Brasil

 

In effetti, il nome sociale è stata una delle prime battaglie intraprese da Linda quando era una studentessa recentemente ammessa alla Facoltà di Lettere dell’Università federale di Sergipe (Ufp) nel 2013. Anche presentandosi come una donna e avendo fatto la sua transizione più di 10 anni prima, un’insegnante insisteva nel chiamarla con il suo nome di nascita. Sulla base di questo fatto, si è unita a collettivi femministi e LGBT+ ed è riuscita a far approvare un’ordinanza per regolamentare l’uso del nome sociale delle persone trans all’Ufp.

Da quel momento in poi, il suo coinvolgimento nell’attivismo politico non ha fatto che aumentare. Tuttavia, fino al suo arrivo al Consiglio comunale, ha attraversato le difficoltà tipiche delle persone transessuali in Brasile, come l’esclusione degli spazi familiari e sociali, il pregiudizio e la mancanza di opportunità di lavoro, situazioni che portano il 90% di questa popolazione a trovare nella prostituzione l’unica via possibile, secondo l’Antra.

LA STESSA LINDA è stata spinta a questo tipo di lavoro durante un periodo in cui viveva a Brescia, in Italia, tra il 2003 e il 2008. «Facevo la parrucchiera, ma quando ho iniziato la transizione anche la mia clientela è diminuita. Così sono andata in Italia, dove ho dovuto prostituirmi per sopravvivere perché non riuscivo a trovare lavoro nei saloni di bellezza». Durante questo periodo, Linda ha vissuto diversi momenti di violenza. In un’occasione, è stata aggredita da tre uomini per strada e ha dovuto fingere di essere morta per salvarsi. «Ciò mi ha spinto a tornare in Brasile e a fare qualcosa di diverso, in modo che altre ragazze non dovessero essere costrette a vivere così», spiega.

ANCHE PER LINS ROBALO, 37 anni, del Pt (Partito dei lavoratori), la prima donna trans e donna nera eletta al Consiglio Comunale di São Borja, Rio Grande do Sul, l’esperienza personale è andata di pari passo con il percorso di militanza politica. La sua candidatura è sorta all’interno del Movimento Girassol che da 13 anni dialoga con l’amministrazione pubblica per promuovere la cultura delle popolazioni periferiche, nere e LGBT+ e per sostenere i loro diritti sociali. L’iniziativa è nata proprio a casa di Robalo, a partire dall’incontro con altre persona della comunità LGBT+ e dalla condivisione delle loro esperienze e difficoltà.

São Borja è un comune di 61 mila abitanti al confine occidentale del Rio Grande do Sul, uno stato in cui l’industria agricola è la principale attività economica e la tradizione politica è sempre stata guidata dal conservatorismo e dal potere finanziario. È anche chiamata «Terra dei Presidenti», perché è il luogo di nascita di Getúlio Vargas e João Goulart. In un Consiglio comunale dominato da uomini bianchi ed eterosessuali, Lins Robalo sarà l’unica voce dissonante.

SECONDO LEI, LA DIVERSITÀ nella politica causa un’importante e necessaria rottura della standardizzazione di concetti, corpi e contesti. «È tempo di parlare di corpi dissidenti, colori diversi, diritti delle donne, diritti sociali e di mettere tutto ciò nell’agenda pubblica», riflette. Robalo fa un esempio concreto sul valore della rappresentatività: «Chi ha più proprietà per negoziare il valore del biglietto dei mezzi pubblici: un uomo bianco, con alto potere d’acquisto, che non prende mai un autobus, o un giovane, o una donna nera che viene dalla periferia e conosce i problemi di locomozione in città? Per questo è importante avere, al Consiglio comunale, qualcuno che parli con una prospettiva diversa dal solito», spiega.

FINE DELLA POLARIZZAZIONE. Nonostante questa ventata di diversità, il tradizionalismo ha prevalso nelle elezioni amministrative brasiliane. Dei 57.608 consiglieri eletti, l’84% sono uomini e il 54,56% sono bianchi, secondo il Tribunale superiore elettorale (Tse). Nelle capitali politiche, il partito che più ha eletto consiglieri comunali è stato il Republicanos, movimento di destra legato alla più grande chiesa evangelica brasiliana, seguito dal Partito dei lavoratori (Pt) di sinistra e dai Democratas (Dem), di centrodestra.

Nelle comunali, il cui secondo turno si è svolto domenica scorsa, le urne hanno dato un messaggio chiaro: nessun candidato sostenuto dal presidente di estrema destra, Jair Bolsonaro, è uscito vittorioso e la scelta dell’elettore è stata, prevalentemente, contro l’estremismo e la polarizzazione che ha segnato le presidenziali nel 2018. Il Movimento democratico brasiliano (Mdb), di centro, ha conquistato il maggior numero di città, con 784 municipi. Il Pt non ha eletto sindaci nelle città capitali, fenomeno senza precedenti, ed è passato da 256 a 183 amministrazioni comunali. Una parte del suo elettorato, infatti, ha scelto di votare per i candidati di altre sigle di sinistra, come Psol, PcdoB e Pdt.

MALCO CAMARGOS, POLITOLOGO e professore presso la Pontificia Università Cattolica del Minas Gerais, osserva che la principale preoccupazione dell’elettore quest’anno è stata la gestione della crisi Covid nelle città, il che ha portato a un voto moderato. «L’elettore, allontanatosi dagli estremismi, tende a votare di più al centro. È una preferenza per ciò che è noto, familiare», osserva.

Secondo l’esperto, la linea di fondo delle elezioni presidenziali del 2022 sarà simile a quelle amministrative di quest’anno. «Quando l’elettore valorizza maggiormente la politica pubblica, tende ad essere meno avvezzo alle novità», commenta Camargos, riferendosi a una tendenza che sarà tutto l’opposto di quella vittoriosa, nel 2018, in cui ha prevalso un discorso “avventuroso” e antipolitico.

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