Si chiamano Boys, una band come tante ne erano nate nei decenni tra il Sessanta e il Settanta dove tutti o quasi avevano messo insieme una rockband. Conoscono anche un piccolo grande successo, poi uno di loro muore, muoiono anche sogni e le speranze di un mondo migliore e così, ognuno intraprende la propria strada nella vita. Ora sono passati tanti anni ma il destino riserva loro una sorpresa: farli tornare di nuovo su un palco a suonare la loro musica. Non è facile, ma sotto sotto il sacro fuoco sembra aver continuato a tenere viva quella speranza.
Davide Ferrario, anche cosceneggiatore con Cristiana Mainardi, dirige una storia semplice, quasi delicata con quattro personaggi ormai in là con gli anni chiamati a rispolverare non più i furori ma le speranze giovanili. Ecco allora Bobo, Joe, Carlo e Giacomo alle prese con il risveglio rock. I quattro interpreti sono parte di un universo artistico composito. Neri Marcorè e Giovanni Storti, Giorgio Tirabassi e Marco Paolini, impegnati a recitare oltre che nel suonare e cantare, anche se qualcuno è più smaliziato di altri. Tutti poi devono andare a rintracciare Isabel Russinova che faceva parte del gruppo, indispensabile il suo parere per poter cedere i diritti a un trapper di successo.

NON C’È nostalgia, neppure contrapposizione tra i musicisti del passato e quelli contemporanei, tutto scorre tranquillamente nel racconto volutamente esile. Ma irrobustito da una trovata che offre un magnifico colpo di reni: l’essersi affidati a Mauro Pagani per la colonna sonora del film. E sono così spuntate cose che Pagani aveva scritto in quegli anni ma finite nel dimenticatoio. «L’istinto mi ha portato a frugare nei bauli musicali dei primi anni della mia carriera di compositore. Ho ritrovato pezzi che avevo scritto allora e che per misteriosi motivi non avevo più riascoltato: brani pieni di energia, di voglia di vivere che raccontano quanto fosse importante battersi per ogni cosa che ci stesse a cuore. Ho deciso che era arrivato il momento di condividerli e così li ho resi l’asse portante della colonna sonora» dice Pagani.
E allora, dopotutto, i nostri Boys sanno farsi accettare, un po’ stralunati in un mondo che ha perso bussole esistenziali che non siano quelle del successo costi quel che costi. Loro invece sono un po’ così, nonostante tutto continuano a privilegiare i rapporti umani e l’amicizia come autentici valori.