Boyle Heights Se Defiende

A East Los Angeles, più di 40 km da dove si tuffa nel Pacifico, Sunset Boulevard il viale più lungo della città cambia nome e diventa César Chavez Boulevard in onore del leader sindacale che organizzò i braccianti campesinos nel UFW con una serie di storici scioperi e boicottaggi. A lui sono intitolate strade in tutti i maggiori quartieri latinos delle città americane. E East LA è storica capitale culturale e politica della maggiore comunità ispanica del paese, rappresenta per i latinos quello che Harlem o Oakland sono per gli afro-americani. Su queste strade fitte di venditori ambulanti di tacos e tamales, dove mariachis in uniforme aspettano in piazza di venire ingaggiati per compleanni e matrimoni, durante le “Zoot Suit Riots” del 1943 si scontrarono i pachucos con i militari in licenza e gli shgerri del LAPD e su queste strade nacque il moderno movimento chicano con i walkout, gli scioperi studenteschi, del 1968 di cui si celebra questa settimana il cinquantenario.

Quando Sunset Bl. attraversa il sottopassaggio di Union Station e si lascia sulla sinistra la prigione comunale, entra in Boyle Heights il distretto più storico di East LA che ultimamente si è venuto trovare nuovamente in prima linea di un movimento di contestazione stavolta contro la gentrificazione, ancor più soverchiante a Los Angeles, la cui struttura orizzontale a bassa densità è stata plasmata da generazioni d white flight – la fuga dei ceti medi bianchi verso le periferie esterne dai i centri storici politicamente dimenticati, degradati e popolati in gran maggioranza da popolazioni proletarie e di colore. Una dinamica di recente sempre più invertita con il riflusso di giovani professionisti verso il centro urbano “riqualificato”.

Al solito è anche una dinamica che scalza le popolazioni storiche, prima abbandonate a se stesse ed ora sfrattate quando i loro quartieri diventano meta ambita degli agenti immobiliari: in altre parole classica gentrification come individuata già nel 1964 dalla sociologa inglese Ruth Glass in uno studio dei distretti working-class di Londra. È un meccanismo pernicioso riprodotto di volta in volta a San Francisco, Chicago, Brooklyn e in tutte le città dove la “inversione urbanistica” riflette al deindustrializzazione ed il rapido riallineamento economico e demografico che ne consegue e che qui assume un valore anche esplicitamente razziale.

A Los Angeles il fenomeno ha interessato da anni i quartieri centrali di Silverlake, Echo Park, Highland Park le cui popolazioni ispaniche e proletarie hanno lasciato il posto alla solita inarrestabile, progressiva sequenza di studenti, artisti, creativi e professionisti prevalentemente bianchi con l’immancabile corollario di gallerie d’arte, caffè, enoteche e boutique di modernariato che vanno a prendere il posto di negozi alimentari e bodegas. Il fenomeno è accelerato negli ultimi dieci anni con la rivitalizzazione della “downtown”, il distretto finanziario precedentemente abbandonato ed ora al centro di un clamoroso boom immobiliare confermato dalle dozzine di gru perennemente al lavoro su nuovi grattacieli e alla conversione di immobili ed uffici del primo novecento in loft e condominii di lusso. L’ influsso di 50000 abitanti in gran parte giovani bianchi ha spinto gli affitti su livelli newyorchesi e l’attenzione degli speculatori si è inevitabilmente posata sulle vicine colline di East Los Angeles, attigue al “arts district” ma con costi immobiliari ancora molto inferiori. Anche qui si profila quindi l’esproprio di un “inventario immobiliare” improvvisamente divenuto appetibile commodity e fuori dalla portata di quelli che ci abitano.

Il dato inedito a Boyle Heights è una rivolta organizzata contro la gentrificazione e il “turismo etnico” promossa dal movimento che vi ravvisa la manifestazione “immobiliare” del razzismo e della guerra ai poveri di era tardo liberista. Per organizzare la resistenza si sono quindi costituite una serie di formazioni e comitati locali fra cui Defend Boyle Heights, guidati da militanti giovani e giovanissimi nel cui manifesto si legge tra l’altro: “il mercato immobiliare urbano è l’espressione chiara e brutale dell’ineguaglianza (…) L’estetica e le preferenze culinarie di hipster e dei loro genitori sono il volto apparente della gentrificazione ma dietro ad ogni panino con l’avocado la dinamica è gestita da precisi interessi del grande capitale.”

Al grido di Se ama y se defiende! El barrio no se vende!” DBH ed una serie di gruppi associati fra cui Serve the People Los Angeles, East LA Brown Berets e Union de Vecinos hanno intrapreso “incursioni controculturali” per contrastare l’influsso di nuovi arrivati, a cominciare da una serie di proteste contro le gallerie d’arte, tradizionalmente le prime a spingersi nei capannoni ed ex fabbriche delle zone deindustrializzate in via di riqualifica. Così i vernissage che attiravano un pubblico in cerca di venerdì sera “edgy” nei quartieri etnici della East Side sono stati interrotti da cortei di ragazzi in uniforme zapatista e volti coperti da fazzoletti rossi che scandivano insulti ed inviti a tornarsene “a casa vostra”. In alcune occasioni i patiti d’arte sono stati fatti oggetto di lancio di uova marce e monetine. Stesso copione per birrerie alla moda o gli immancabili spacci di cappucinos con eventuali DJ annessi. In seguito alle proteste Almeno uno spazio espositivo, la PSSST, ha chiuso definitivamente i battenti. E in città si è diffusa le reputazione di Boyle Heights come quartiere antagonista.

In ognuno dei casi l’obbiettivo delle incursioni era uno solo: intimidire e rimuovere i nuovi arrivati, una postura cui concorre la memoria storica dei Latinos di Los Angeles che lo scorso secolo hanno subito deportazioni di massa (una prospettiva improvvisamente di nuovo assai concreta) ed operazioni come quella di Chavez Ravine in cui un intero quartiere è stato sgomberato e demolito per la costruzione dello stadio di baseball. Preso atto della sorte toccata a molte atre simili comunità gli anti-gentri escludono il dialogo o la mediazione con le forze del “rinnovamento urbano” che in definitiva è sempre a senso unico, preferendo come tecnica di opposizione una sorta si terrorismo psicologico. “La nostra enfasi non è il singolo hipster o i bianchi che passeggiano per il quartiere,” afferma un comunicato di Serve the People LA, che si identifica come organizzazione “di indirizzo maoista per la liberazione dallo stato capitalista”. “Ma quando vengono qui forse è una buona cosa che si sentano disagio. Boyle Heights non è uno zoo dei poveri per facoltosi estranei.”

Martedì scorso in un edificio del centro, la sede della United Teachers Los Angeles, c’è stata l’assemblea mensile della LA Tenants Union, il sindacato degli inquilini che rappresenta gli affittuari di edifici a rischio di sfratto da parte di speculatori che intendono “riqualificare” gli immobili. Il gruppo che affollava l’aula era variegato e colorito; alcuni anziani fra cui una coppia di afro americani – lui con un cappelletto da baseball di Chicago – che ha aperto i lavori con un appello all’unità. “Solo vivendo e lavorando tutti assieme, possiamo avere una possibilità di prevalere.” Li ha applauditi un gruppo prevalentemente ispanico (molte donne, madri con bambini piccoli) ma anche asiatici, bianchi e neri. Tutti accomunati da una recente notifica di sfratto o un ingente aumento dell’affitto. Presenti anche molti giovani militanti sindacali che assistono nelle vertenze e si dichiarano apertamente “di sinistra”, molto compiaciuti di essersi imbattuti in un giornalista del Manifesto. Fanno parte di quel 58% di ragazzi dai 18-29 anni che un sondaggio del Harvard Policy Institute ha rilevato dichiararsi ormai apertamente anti-capitalisti, oltre un terzo professa fede socialista. “Non vi preoccupa che la sinistra non versi nel migliore dei momenti storici?”, azzardo. “Forse si,” mi dice Ian, 25 anni che pesa bene le parole. “Forse proprio per questo è il momento di concentrarsi sulle vertenze locali, le lotte nei quartieri contro la gentrificazione”

All’ordine del giorno c’era la scesa in lotta di due nuove case popolari nel mirino dei costruttori. In una sola di queste risiedono 300 famiglie a rischio. Come di consueto hanno ricevuto la notifica di aumenti fino al 100% degli affitti, se (quando) non saranno in grado di pagare seguirà come da prassi lo sfratto e le loro abitazioni potranno tornare sul mercato a prezzi fortemente maggiorati. Ma a East LA la mobilitazione di recente è riuscita a bloccare un tale operazione. Quando il padrone ha raddoppiato gli affitti (come è consentito nella maggior parte dei casi qui dove è praticamente sconosciuto l’equo canone), gli abitanti, fra cui molti musicisti mariachi per cui è noto il quartiere, hanno dichiarato lo sciopero dell’affitto. Assistiti dai militanti di Defend Boyle Heights hanno manifestato, sensibilizzato gli altri abitanti e picchettato l’abitazione del padrone di casa, ottenendo dopo un paio di mesi la rescissione dell’aumento ed un nuovo contratto d’affitto. Un meccanismo esacerbato dal riflusso trumpista che sfrutta i rancori e fomenta le divisioni e in una società sempre più polarizzata.

Nel panorama generale una piccola vittoria che rincuora tuttavia gli anti-gentri. “Non si tratta solo di combattere gli agenti immobiliari,” mi dice Ian, “ma di contrastare il meccanismo capitalista. Se tu cerchi di sfruttarmi e sventrare il mio quartiere, noi lo difenderemo.”

LC