«Non è più possibile esitare. Serve una reazione forte da parte di tutte le forze politiche. Servono parole chiare e inequivocabili per definire quanto accaduto». È fortissimo l’allarme di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, che esprime vicinanza a Arturo Scotto, ex deputato di Art.1, e agli altri aggrediti la notte di Capodanno a Piazza San Marco ad opera di un branco di neofascisti che gridavano «Duce, Duce», «Anna Frank sei finita nel forno». «È un anno che inizia all’insegna dell’odio, del razzismo e dell’antisemitismo», dice Di Segni, «fenomeni sempre più dilaganti e contro i quali è necessario agire con la massima fermezza. Le conseguenze rischiano di essere catastrofiche».

 

SI DEFINISCE MEGLIO INTANTO la scena di quella notte. Oltre al ventenne Filippo Storer, di cui ieri il manifesto ha dato notizia, un altro ragazzo ha preso calci e cazzotti dalla squadraccia. Lo chiameremo Vlady (chiede di tenere riservato il suo vero nome), è un ventenne di origine moldava. Nella calca si trova subito dietro la moglie Elsa e il figlio di Scotto, e quindi a fianco degli otto neofascisti. Vede Elsa reagire per prima contro gli slogan, poi le botte a Scotto, realizza in un istante che anche la donna e il 14enne sono in pericolo. E si butta in mezzo. «Ho preso tre pugni in faccia, in testa in bocca e in un occhio», ricostruisce. L’occhio comincia a sanguinare malamente, quelli continuano a pestarlo, e a quel punto i tre amici con cui aveva deciso di trascorrere il veglione lo tirano via. Si rifugia in un bar, dove viene soccorso con il ghiaccio, ma poi se ne torna a casa, stando attento a non farsi vedere in quelle condizioni dalla madre. Capodanno finito male, dunque, per Vlady, 22 anni, laureato in informatica, programmatore in una multinazionale danese. Il primo dell’anno inchiodato a letto, il due pure. Alle cinque di ieri mattina i dolori si sono fatti insopportabili ed è andato in ospedale. E subito dopo dai carabinieri a denunciare l’accaduto.

VLADY NON È UN MILITANTE, racconta di sé, «seguo le informazioni ma non la politica, ho reagito in modo istintivo, quando vedi una famiglia aggredita non puoi restare immobile».

Che poi è la stessa cosa che racconta Filippo Storer, l’altro ragazzo che ha provato a fermare i picchiatori. Ricostruisce al manifesto: «Stavano menando un signore», e cioè Scotto, «il figlio e la moglie erano impauriti». Filippo ha vent’anni, vive in famiglia a Magliano Veneto, cerca lavoro, anche lui non si occupa di politica. Lì per lì, racconta, «non ci ho pensato su». Ci pensa ora: «L’ho fatto per senso civico». Anche lui si è preso i pugni in faccia, ma per fortuna senza conseguenze gravi. Vlady e Filippo sono due ragazzi. Ieri Scotto li ha ringraziati dall’Huffington Post: «Ho fiducia nell’azione della magistratura e nelle forze dell’ordine», ha scritto, «Non mi interessa l’entità della pena che subiranno. Non è compito mio. Mi basterebbe una condanna esemplare: l’obbligo di leggere i diari di Anna Frank».

LE FORZE DELL’ORDINE hanno già vagliato una parte dei filmati di quella notte in quel settore della piazza. Qualche novità c’è: per esempio che Scotto, che ha rimediato una frattura al naso e 20 giorni di prognosi, nella confusione del pestaggio ha preso più pugni di quanti ne ricordasse.

IERI LUI E LA SUA FAMIGLIA hanno continuato a ricevere solidarietà. Fra le tante, quella della ministra dell’interno Luciana Lamorgese: «Occorre agire con fermezza e determinazione per contrastare ed isolare tutte le manifestazioni di odio e razzismo ed estremismi sui quali non si deve tacere ma trovare sempre il coraggio di denunciare». Quella della presidente del Senato Casellati e infine quella del patriarca di Venezia Francesco Moraglia: «Un episodio che offende l’intera comunità, mina alle radici la pacifica convivenza e quindi va condannato con forza e in alcun modo minimizzato».