Osservando le cose della musica contemporanea italiana dalle parti della Boring Machines, etichetta indipendente guidata con acume visionario da Andrea Ongarato, le cose non potrebbero andare meglio. Basti pensare al caso degli Heroin in Tahiti e al loro sorprendente etno-folk industriale memore degli spaghetti western, per fare solo l’esempio più immediato. La filosofia della casa è semplice: «Scovare nel mondo dell’underground italiano progetti artistici musicali ma con una idea allargata alle arti visive».

A scorrere i titoli del catalogo si scoprono galassie di suoni e progetti che si muovono lungo traiettorie sonore completamente altre sia rispetto alla semplice musica di consumo sia a quella cosiddetta «rock» o «indie» sempre alle prese con i propri settarismi. Non è un caso che siano proprio riviste come «The Wire» (e non solo) a prestare la maggiore attenzione alle produzioni Boring Machines. Lo spettro cromatico lungo il quale si muove Ongarato è ampio. Esemplari, in questo senso, le ultime uscite. Da Adamennon con Le nove ombre del caos, colonna sonora di un film horror italiano mai realizzato, tutto da sognare, con una grafica che richiama Lo spettro di Riccardo Freda e musica oscillante fra Fabio Frizzi e i Goblin, passando all’ambient-drone elettroacustico contenuto in One Single Sound di Barnacles (progetto di Matteo Uggeri).

Della radicalità di Boring Machines testimonia Anacalypsis, nuovo album della Hermetic Brotherhood of Lux-Or registrato nella cava di Nasprias. Etno-antropologia occulta innestata in brutali ritualità industrial per una celebrazione pagana in tre atti a base di corde su teschi equini, fiati e sintetizzatori. Un’esperienza sensoriale devastante. Ed entusiasmante. Di segno opposto, Grey Mornings, il nuovo lavoro di Paul Beauchamp, fortemente influenzato dalla psicogeografia in cui il musicista crea paesaggi ambient rarefatti.

Un’esperienza immersiva totale che sembra dialogare a distanza con Rurale, il nuovo disco di Cristian Naldi nel quale il chitarrista si confronta con composizioni di Henryk Gorecki, Arvo Pärt, Gabriel Fauré e Dmitri Shostakovich.
«Tendenzialmente oltre a mantenere i contatti con le realtà indipendenti italiane, Boring Machines nasce con l’intento di promuovere per quello che è possibile gli artisti italiani all’estero» spiega Ongarato. I criteri tramite cui si individuano gli artisti con i quali lavorare sono chiari. «Per la maggior parte sono persone che conosco da anni, per le frequentazioni comuni che abbiamo in giro per lo stivale. Spesso ci si scambiano idee, file audio, ci si incontra ai live e da lì nascono collaborazioni che poi magari sfociano in una pubblicazione. A volte invece capita che mi vengano inviate delle proposte da persone che non conoscevo. Anche in quel caso cerco sempre di approfondire con loro quali sono in contorni del loro lavoro, ma soprattutto tento di capire se sono persone con le quali trascorrerei una giornata seduto a tavola».

Alla domanda se ci siano artisti con i quali desidererebbe lavorare, Ongarato si appella al magistero di Ennio Morricone: «A questa domanda rispondo sempre allo stesso modo, citando il maestro: ’Guardi, non ho desideri di questo tipo’».
Di fronte all’estrema ricchezza di un catalogo che presenta i lavori dei romani Divus (un catacombale spleen noir) e del duo partenopeo Amklon (elettronica avant-garde esoterica) sorge inevitabile la domanda su come conservare un profilo qualitativo alto ed esigente e mantenere i conti in ordine. Ongarato è filosofico. «Conti? Non so di cosa stai parlando. Senza indugiare in particolari scabrosi, posso dirti che in ormai undici anni di attività, ho buttato all’aria l’equivalente di un trilocale in centro, con garage autonomo.

Al momento il mio conto corrente contiene un numero a due cifre. Per me l’importante è fare le cose che mi convincono a modo mio».
Rumore italiano per un pubblico internazionale, quindi. «Sì, e con pochissime ore dormite, migliaia di chilometri percorsi, centinaia di sigarette fumate e di persone abbracciate. Sono sempre convinto di raccogliere molto meno di quel che merito. Mi accontento delle piccole cose: un ordine dal Giappone, una buona recensione in Cile, degli amici conosciuti in Polonia. In questo momento il mercato, che brutta parola, di Boring Machines è al 60% rivolto all’estero. Italiani: sveglia!».