Un flusso di turisti stranieri tanto intenso a Betlemme, nella Cisgiordania occupata, non si registrava da anni. I 42 hotel della città (circa seimila posti letto) non sono riusciti a soddisfare tutte le prenotazioni arrivate da decine di paesi, in particolare da Francia, India e Italia.

Agli stranieri che affollano la Piazza della Mangiatoia e fanno lunghe code per poter entrare nella Basilica della Natività, si stanno aggiungendo in queste ore i palestinesi cristiani di Israele.

Sorridono gli albergatori, assieme a negozianti e ambulanti. Il turismo e il suo indotto generano lavoro e reddito per migliaia di abitanti di Betlemme, cristiani e musulmani. La speranza è che questa tendenza prosegua oltre il Natale e nei prossimi mesi e anni: entro il 2021 saranno ultimati altri otto grandi hotel. Su queste previsioni rosee gravano l’occupazione militare israeliana e l’instabilità politica, che potrebbero invertire il trend positivo.

Ne sanno qualcosa i palestinesi cristiani di Gaza (un migliaio) che, anche questo Natale, fanno i conti con la concessione con il contagocce da parte delle autorità militari israeliane dei permessi per raggiungere Gerusalemme e Betlemme. Permessi che spesso sono assegnati non a tutta una famiglia, ma soltanto a uno dei suoi membri, cosa che costringe il «fortunato» a rinunciare all’opportunità di visitare i luoghi santi cristiani.

Contro queste limitazioni ha preso posizione il Patriarca vicario di Gerusalemme Pierluigi Pizzaballa. Israele afferma che i cristiani, grazie ai permessi natalizi, si trasferirebbero «illegalmente» in Cisgiordania e non farebbero più ritorno a Gaza.

I palestinesi replicano di avere il diritto a una piena libertà di movimento e di scegliere dove abitare, senza restrizioni dell’occupante, in Cisgiordania o a Gaza.