“Bonus psicologici” sì o no? Il mondo degli addetti ai lavori – tutti d’accordo sulla urgente necessità di riformare il Sistema sanitario nel settore della Salute mentale, da sempre trascurato ma diventato con la pandemia una delle emergenze nazionali – sembra dividersi al riguardo.

Ventuno società scientifiche chiedono in una lettera al ministero della Salute, al Parlamento e alle Regioni di «garantire nell’immediato l’accesso alle consulenze e trattamenti psicologici e psicoterapici a tutti quei cittadini e quelle famiglie che non riescono ad avere risposte nel pubblico e non possono accedere nel privato per mancanza di risorse economiche, mediante l’erogazione diretta del bonus o voucher. Si tratta di una misura straordinaria – affermano – richiesta a gran voce da un numero crescente di cittadini, che può agire nell’immediato e accompagnare la concretizzazione degli obiettivi di revisione del sistema» che le 21 organizzazioni scientifiche descrivono accuratamente.

D’altra parte, però, c’è chi, come la Fenascop Lazio, «associazione nazionale di organizzazioni che dal 1995 si occupano di riabilitazione psichiatrica extraospedaliera», scrive al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che, dopo la soppressione della misura  prevista a livello nazionale con un emendamento nella Legge di bilancio, ha introdotto a livello regionale il “Bonus psicologico” finanziandolo con 2,5 milioni di euro: «Affrontare i problemi a colpi di bonus – afferma la Fenascop – è l’ennesima dimostrazione che la politica regionale è orientata non a risolvere le criticità delle persone affette da disagio psichico ma solamente a fare un’operazione di marketing elettorale».

Carenze di personale strutturali, «articolazioni tariffarie ferme da oltre dieci anni», budget congelati, e finanche la compartecipazione socio sanitaria dell’utente alla spesa per la prestazione erogata, secondo la Federazione nazionale delle Strutture comunitarie psicoterapeutiche accreditate (pubbliche e private), hanno fatto sì che «l’unica soluzione intrapresa per la gestione dei pazienti» sia «il ricorso massiccio all’uso dei farmaci senza adeguati percorsi terapeutici e di inserimento sociale». Occorre, dicono, progettare un nuovo «modello terapeutico e socio-riabilitativo in grado di rispondere ai bisogni delle persone e alle esigenze dei tempi».

Anche le 21 società di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, neuropsichiatria e cura delle dipendenze riconosciute dal ministero della Salute chiedono però, oltre al bonus, un «quadro integrato di misure» per revisionare l’intero sistema: «strutture pubbliche e innovative di prossimità» per l’intercettazione precoce, come i «Consultori psicologici, con accesso diretto e gratuito»; misure per contrastare lo stress e il burnout degli stessi operatori e «reclutamento di un numero adeguato di psicologi-psicoterapeuti»; potenziamento dei servizi, con la nuova figura dello Psicologo di base; convenzioni «con gli psicoterapeuti liberi professionisti per garantire canali ulteriori di accesso ai trattamenti psicoterapici». Bonus o no, la strada da percorrere è chiara a tutti.