In mezzo ai suoi amichetti di Comunione e Liberazione, Carlo Bonomi torna falco di ferragosto e parte lancia in resta contro sindacati e lavoratori. Il presidente di Confindustria riscrive la storia della pandemia e attacca perfino il governo. O meglio, quella parte che cerca timidamente di arginare delocalizzioni e licenziamenti. In vista dei licenziamenti di Stellantis e del suo indotto, il capo di Confindustria difende le delocalizzazioni: una totale assurdità per chi dovrebbe avere a cuore l’attività produttiva in Italia.
DAL MEETING DI RIMINI che solo venerdì sera aveva ospitato il ministro Orlando e il segretario Cisl Sbarra, arriva un attacco concentrico. Si parte dal Green pass falsificando la posizione dei sindacati e la nascita dei protocolli che a inizio pandemia hanno permesso di continuare a produrre senza creare i focolai che invece imperversavano in Lombardia, dove gli imprenditori chiedevano di produrre senza fermarsi.
Bonomi si intesta i Protocolli sottoscritti con Conte che invece non voleva. E attacca la richiesta di Cgil, Cisl e Uil di una legge per l’obbligo vaccinale. «È troppo facile rimandare la lattina alla politica: c’è una differenza di posizione tra i partiti (è la Lega ad essere contraria, ndr) che difficilmente potrà farci arrivare a una legge. Ma possiamo sederci a un tavolo oggi stesso. Come corpi intermedi abbiamo una grande responsabilità».
Per Bonomi se il paese ha tenuto nella pandemia non è per merito dei lavoratori che non si sono fermati, ma per «le esportazioni e la vocazione internazionale delle Pmi», ora minacciate, a suo dire, dal decreto anti-delocalizzazioni allo studio del governo: «Il ministro Orlando e il sottosegretario Todde pensano di colpire con un decreto legge le imprese sull’onda dell’emotività di due o tre casi che hanno ben altra origine e su cui dobbiamo intervenire – dice senza spiegarle – Dispiace che questo paese non prenda mai atto della realtà». Arriva poi il massimo sforzo di empatia verso i lavoratori: «È brutto licenziare con un Whatsapp, non è questo il metodo e su questo bisogna intervenire» ma ad ogni modo, «dobbiamo lavorare insieme per attrarre e non per punire, invece c’è sempre questo intento punitivo. Nelle scorse settimane – ecco l’anedotto che dovrebbe far riflettere – mi ha chiamato il mio omologo spagnolo, mi ha detto di ringraziare il ministro del Lavoro perché, ha aggiunto, se passa quella legge vengono tutti in Spagna». Peccato che in Spagna le norme antidelocalizzazioni siano più dure che da noi.
QUANTO AI COMPORTAMENTI di Confindustria, arriva la citazone dell’ex nemico presidente dell’Inps: «Lo ha detto Tridico che abbiamo assunto 400mila persone in più. Stiamo investendo e il tuo asset lo dovresti proteggere». Poi arriva una sparata talmente demagogica da sembrare irreale: «Ci vuole reciprocità. E allora, caro Stato mi devi 58 miliardi? Dammeli. Non dovevi chiudere 1.300 imprese pubbliche. Perché non lo fai? Perché sono poltronifici», dice un Bonomi degno del primo Bossi.
UN’ESCALATION che non risparmiare neanche l’amico Draghi. «Sono molto preoccupato, temo che l’azione del governo venga fermata e non ce lo possiamo permettere», dice rivendicando la governance dei miliardi pubblici del Pnrr.
Le sparate di Bonomi fanno subito proseliti nella maggioranza di governo. Il Pd è sulla difensiva, mentre Forza Italia e Radicali lo appoggiano immediatamente, attaccando il ministro Orlando.