Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, ieri era la Giornata mondiale della sicurezza sul lavoro, ma la strage infinita è continuata senza soste.
È una guerra civile davanti alla quale la politica fa finta di non vedere. Se la mafia uccidesse tre persone al giorno avremmo lo stato e i media mobilitati. Invece le quattro morti al giorno per lavoro attuali non fanno notizia. È un dramma culturale di questo paese. Per questo come Uil da tempo abbiamo lanciato la campagna “Zero morti sul lavoro” con attori e sportivi e continuiamo ad andare nelle scuole per spiegare ai ragazzi l’importanza della sicurezza.

Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil

Sul tema sicurezza sul lavoro siete molto critici con il governo Meloni e la ministra Calderone.
Sì, perché se con Draghi qualche passo avanti era stato fatto – le assunzioni di ispettori, la banca dati unica che supera le quattro diverse – la ministra Calderone non ha risposto alla nostra richiesta unitaria di un tavolo e alle proposte di rafforzare il ruolo degli rappresentanti dei lavoratori (Rls) e di aumentare la formazione e la prevenzione. E ancora più grave, davanti ai dati che ci dicono come l’80-90% delle imprese non rispettano le norme, prima ha provato a cancellare l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) per poi vergognarsene, mentre serve approvare definitivamente la Procura nazionale contro i morti sul lavoro e cambiare la riforma Cartabia che, non dando priorità ai procedimenti per morti sul lavoro, manda in prescrizione in appello moltissimi processi. In Italia abbiamo previsto addirittura l’«omicidio nautico», perché non riusciamo a chiamare i reati delle imprese che speculano sulla sicurezza «omicidi sul lavoro»?

A proposito di governo, domani sera alle 19 siete convocati – di domenica e alla vigilia del primo maggio – per conoscere i contenuti del decreto Lavoro, come sempre senza possibilità di discutere o modificarlo. Accetti la provocazione: non sarebbe meglio non andare che lamentarsi della mancanza di confronto?
Penso di no. Il dovere del sindacato è andare e stanare le ipocrisie del governo. Nessuno scrupolo per lasciare che poi dicano: “Beh, ma se vi presentavate avremmo cambiato”. Andremo, ascolteremo, speriamo di non avere altri “amanti di Omero” che fanno una narrazione orale dei provvedimenti senza uno straccio di documento scritto. E poi parleremo, ribadendo le nostre proposte chiare e unitarie.

Il leader confederale: se la mafia uccidesse 3 persone al giorno, lo stato si mobiliterebbe; invece volevano cancellare l’Ispettorato e “coprono” le imprese.

Le bozze danno il senso del provvedimenti: cancellazione del Reddito di cittadinanza, aumento della precarietà. E briciole ai salari sul cuneo fiscale.
Inizio dalla nostra priorità, la tutela dei salari. Davanti alla mensilità erosa dall’inflazione – almeno 100 euro mensili – il governo ne dà 15 per i redditi sotto i 25 mila euro lordi. Sono infimi. Serve ben altro e per trovare le risorse basta tassare gli extraprofitti di più e avere il coraggio di allargarli anche a banche e big pharma. In più serve impedire al pubblico e negli appalti pubblici che possano vincere imprese che non rispettano i contratti come nella vigilanza privata e nelle Rsa gestite dalle Regioni, accettando salari da 4,50 euro l’ora. Sulla precarietà rivendichiamo il modello spagnolo: basta contratti a tempo, solo flessibilità contrattata con i sindacati. Invece si prolungano i contratti a 3 anni, si tolgono le causali e si permette ai Consulenti del lavoro – ruolo che Calderone conosce bene – di certificare la contrattazione. Quanto al Reddito di cittadinanza che in pandemia ha consentito a 3,5 milioni di sopravvivere, abbiamo sempre contestato l’aver messo assieme una misura sacrosanta di contrasto alla povertà con le politiche attive. Ora al Sud, dove lavoro non c’è, la mafia avrà tanta manodopera potenziale.

Nel frattempo il Def e il nuovo patto di stabilità europeo prefigurano la prossima legge di bilancio: torna l’austerità e non ci saranno risorse per pensioni e fisco.
Vedo che Giorgetti “prende atto” delle modifiche che comportano una riduzione dello 0,50% del Pil all’anno. In questo modo ogni legge di Bilancio parte con un “meno 14 miliardi” di tagli. Invece serve smetterla con i bonus e servono azioni strutturali su pensioni e fisco. Non è sostenibile socialmente continuare così.

Con Cisl e Cgil festeggerete il Primo maggio a Potenza. Con quale spirito?
Un Primo maggio di mobilitazione e di lotta. Non può essere una festa finché ci sono 4,5 milioni di lavoratori poveri e si continua a morire. Lunedì iniziamo una lunga mobilitazione unitaria.

Una mobilitazione unitaria con nessuno sciopero e sole tre manifestazioni interegionali mentre nel resto d’Europa si bloccano i paesi. Da molti settori vengono segnali di insofferenza: dopo gli edili, nelle Tlc il 5 giugno sarà sciopero di settore.
Questo dimostra che non abbiamo rimosso il termine “sciopero” dal nostro vocabolario. Dobbiamo partire dal presupposto che la battaglia sarà lunga e non possiamo lavarci la coscienza con uno sciopero generale. Serve una mobilitazione continua in vista della legge di bilancio. Con le tre manifestazioni costruiremo il consenso per portarla avanti e arrivare a scioperi anche generali se non ci saranno risposte dal governo.

Voi e la Cgil li avete fatti ma pur di recuperare l’unità, la Cisl nella piattaforma unitaria vi ha imposto di togliere il tema della autonomia differenziata…
Su questo abbiamo sensibilità diverse. La Cisl sostiene non sia un tema attuale. Noi e la Cgil la consideriamo un’emergenza nazionale.