Il sindaco di Bologna licenzia il suo assessore alla cultura Alberto Ronchi, e tanto basta sotto le Due Torri a dare il via a una pioggia di dichiarazioni e prese di posizione. Segno di tensioni politiche sempre più forti. La prospettiva è quella della primavera 2016, quando i bolognesi saranno chiamati a scegliere chi governerà la città per i successivi cinque anni. L’attuale primo cittadino, il democratico Virginio Merola, è già il candidato del Pd e eventualmente di Sel, se i vendoliani sceglieranno di rinnovare il loro appoggio al partito di Renzi. Comunque Merola è per tutti il candidato da battere visto che 5 anni fa vinse al primo turno.

A fare esplodere la crisi politica il caso Atlantide, spazio occupato da oltre un decennio da collettivi e gruppi queer e punk, e messo sotto sgombero dal sindaco Merola nonostante un’avviatissima trattativa messa in campo dal suo assessore Ronchi. Attorno ad Atlantide è nato uno scontro che ha toccato i temi che da sempre creano frizioni tra Sel e il Pd, i due alleati che governano a Bologna. E quindi legalità, rapporti con i centri sociali, ma anche diritti civili e riconoscimento di quelle istanze lgbt che tanto poco piacciono ai cattolici del partito di Renzi.

A inquadrare la situazione il senatore del Pd Sergio Lo Giudice, uno che Bologna la conosce bene visto che per anni è stato capogruppo dei democratici in Comune. «Attenzione, se il centro sinistra andrà diviso al voto il rischio è quello di portare il sindaco al secondo turno, e lì avrà tutti contro». L’incubo è quello del 1999, con Bologna la rossa che sfugge di mano a un centro sinistra rissoso e inconcludente e passa a una coalizione di centro destra guidata dal civico Guazzaloca. Alla finestra ci sono i grillini di Massimo Bugani e la Lega Nord di Lucia Borgonzoni.

Se Lo Giudice vorrebbe mettere il Pd al riparo da ballottaggi e eventuali tentazioni neo centriste sull’esempio nazionale, e per questo chiede al centrosinistra locale di presentarsi unito, il consigliere comunale eletto con Sel Mirco Pieralisi è convinto che sindaco e Pd abbiano già «una sponda a destra», e per questo chiede di rompere con i dem. Non è il solo che la pensa così. Lo spazio dell’alternativa al Pd bolognese è affollato, forse troppo per dare a tutti una speranza elettorale. C’è il movimento Possibile, sotto le Due Torri guidato dall’europarlamentare ex Pd, e braccio destro di Civati, Elly Schlein, e c’è la Coalizione civica di Mauro Zani che col sindaco vuole ballare «il ballo dello sgombero», e almeno metà di Sel, un partito da mesi spaccato in due sul futuro appoggio ai democratici. Infine c’è Gianmarco De Pieri, leader del centro sociale Tpo agli arresti domiciliari in seguito agli scontri del 18 ottobre 2014, quando un corteo antifascista si scontrò con le forze dell’ordine in occasione di un presidio di Forza Nuova. De Pieri lancia un’assemblea pubblica per il 18 ottobre. «Tra pochi mesi si voterà il sindaco della nostra città – scrive su facebook – noi vogliamo determinare il governo di Bologna».

Il ruolo dell’ex assessore Ronchi in una situazione politica tanto incerta non è così chiaro. Prima della rottura col sindaco il progetto era quello di una lista civica di sinistra collegata al Pd, con l’intento di saccheggiare i consensi a eventuali progetti anti dem e assicurare così a Merola la vittoria al primo turno. Ora che le carte si sono rimescolate Ronchi prende tempo, e per domani annuncia una conferenza stampa. «Risponderò a tutte le domande», ha assicurato, comprese quelle sull’apertura nei suoi confronti da parte della civatiana Schlein.