«Se non adeguano la Procura generale, la parte inquirente della Procura generale, succederà che verranno bloccate le indagini e si bloccheranno i processi. Se capiterà, il nostro giudizio sarà pesantissimo, altrimenti le istituzioni avranno fatto il loro dovere». Va dritto al punto il presidente dell’associazione delle vittime della strage del 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi.

«Se non adeguano la Procura generale, la parte inquirente della Procura generale, succederà che verranno bloccate le indagini e i processi. Se capiterà il nostro giudizio sarà pesantissimo, altrimenti le istituzioni avranno fatto il loro dovere». Va dritto al punto il presidente dell’associazione delle vittime della strage del 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi. Il giorno del 41 esimo anniversario della strage alla stazione di Bologna, di fronte ai giornalisti la prima richiesta è che i magistrati siano messi in grado di fare il loro lavoro. Poi Bolognesi loda la presenza della ministra della Giustizia Cartabia, ospite «eccezionale e molto gradita», ma aggiunge: «Giudicheremo dai fatti».

LEI, MARTA CARTABIA, arriva subito dopo, ricorda la riforma della giustizia in approvazione in Parlamento, e nel suo discorso di fronte ai familiari delle vittime promette «tutto il sostegno necessario nel lavoro di accertamento delle responsabilità». Ne serviranno di risorse alla Procura di Bologna per non rallentare i processi sui mandanti della strage del 2 agosto.
In corso c’è il processo di primo grado a Paolo Bellini, presunto quinto uomo della strage e per l’accusa il corriere che portò in città i 23 kg di esplosivo che fecero 85 morti e 200 feriti. Ma ci sarà anche il processo di appello per Gilberto Cavallini, già condannato all’ergastolo per aver dato supporto logistico agli esecutori materiali. E ci sarebbe anche una nuova «delicatissima indagine in corso», aggiunge Bolognesi. Di fronte a questo ci sono magistrati che andranno in pensione a breve e uffici già stracarichi di lavoro. Eppure, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «non tutte le ombre sono state dissipate e forte è, ancora, l’impegno di ricerca di una completa verità».

Marta Cartabia ieri a Bologna foto di Aleandro Biagianti

COME SEMPRE succede da 41 anni, a Bologna sono migliaia i cittadini che scendono in piazza per chiedere verità e giustizia sulla strage del 2 agosto 1980. Mano fascista, mandanti piduisti, appoggi che arrivano ai vertici dello Stato. Questo il pensiero di chi sfila per le strade della città, il corteo aperto dal grande striscione «Bologna non dimentica». L’attesa è tutta sul processo a Bellini, con la sentenza che potrebbe arrivare entro l’inverno. Ma i familiari delle vittime già rilanciano: «Bisognerebbe sentire il Consiglio dei Ministri che nel 1978 nominò i vertici dei servizi segreti. Tra quei nomi c’è chi ancora potrebbe avere molto da dire».

SUL PALCO DI PIAZZA Medaglie d’Oro, di fronte alla stazione che fu per metà demolita dall’esplosione, Bolognesi dettaglia: «C’è un filo nero che parte dalla strage di Portella della Ginestra nel 1947 e arriva fino alle stragi del ’92 e ’93 e alla trattativa Stato-mafia. Il rapporto oscuro tra organizzazioni criminali e istituzioni dello Stato si sviluppa lungo tutta la storia italiana. Con una costante: i depistaggi. Gli apparati dello Stato entrano puntualmente in azione per creare false piste, sottrarre prove, far sparire testimoni. E non c’è una sola persona, tra i condannati e gli indagati per l’eccidio del 2 agosto ’80, che non sia riconducibile alle parti dei Servizi Segreti infedeli».

UN FATTO ORMAI assodato, grazie anche al lavoro dei familiari delle vittime che hanno ottenuto la completa digitalizzazione degli atti e da sempre spingono per la completa desecretazione di tutte le carte riservate che potrebbero in qualche modo illuminare gli anni della strategia della tensione, e magari indirettamente fornire nuove informazioni su Bologna e altre stragi che hanno insanguinato la storia d’Italia.

SULLA QUESTIONE nel frattempo interviene direttamente il Presidente del Consiglio Mario Draghi che ieri avrebbe firmato una direttiva per declassificare e rendere così disponibili nell’Archivio centrale dello Stato nuovi documenti sull’organizzazione Gladio e sulla loggia massonica P2. Una sorta di ampliamento della cosiddetta «direttiva Renzi» del 2014, che riguarderebbe i maggiori eventi stragisti italiani, da Piazza Fontana a Milano a Piazza della Loggia a Brescia, per finire con le stragi di Ustica e di Bologna del 1980. «Spero non sia un’operazione di facciata», commenta freddo Bolognesi. «Già nel 2014 accogliemmo con ottimismo la direttiva Renzi, invece ci arrivarono documenti con intere parti cancellate. Questa volta ci daranno i nomi o affideranno la desecretazione ai soliti elementi imbarcati con la P2 o con i servizi segreti “strani”?».

SUL TEMA desecretazione si muovono anche alcuni parlamentari della destra, che provano a cavalcare per l’ennesima volta la pista medio-orientale chiedendo di rendere pubbliche le carte segrete della Commissione Moro. «Ma in quei 200 documenti su Bologna non c’è nulla», replica lo stesso Bolognesi, che quei faldoni li ha letti da parlamentare. Mentre gli avvocati di parte civile ricordano che «non c’è segreto di Stato quando il processo è per strage», e che la «Procura generale di Bologna ha avuto dal governo Conte una serie di atti estremamente significativi che sono ora al vaglio della corte d’Assise».