Nell’ottobre elettorale che interessa alcuni paesi dell’America latina (soprattutto Brasile e Uruguay, in gioco per le presidenziali), adesso tocca alla Bolivia. Oggi, il paese andino chiama alle urne oltre 6 milioni di persone, su un totale di 10,67 milioni di abitanti, (più del 70% è indigeno). Il presidente Morales, del Movimiento al socialismo (Mas) è superfavorito nei sondaggi, con oltre il 59% delle intenzioni di voto a fronte del 18% del suo principale avversario Samuel Doria Medina, imprenditore e leader di Unidad Democratica. A seguire, Jorge Quiroga, del Partido Democrata Cristiano (9%), e dopo di lui Juan del Granado, del Movimiento sin Miedo (3%) e Fernando Vargas, del Partido Verde de Bolivia (2%).

Benché l’opposizione speri un una «sorpresa» come in Brasile, un ballottaggio tra Morales e il conservatore Doria sembra altamente improbabile. Né il profilo dei candidati, né la loro capacità di aggregazione appaiono come un ostacolo serio alla rielezione del presidente per un terzo mandato.

Doria ha avuto incarichi nel governo neoliberista di Jaime Paz Zamora (1991-’93) e promette un programma analogo. Quiroga è un ex presidente, è stato il vice del generale Hugo Banzer, e il primo punto del suo programma è quello di ritirare la Bolivia dall’Alba, l’alleanza promossa dai paesi socialisti latinoamericani. Granado, ex presidente della Commissione per i diritti umani, ha promesso «onestà, tranquillità e sicurezza». E Vargas, ex alleato e amico di Morales, ha impostato la sua campagna sui temi dell’«economia solidale, comunitaria ed ecologica».
Morales, di origine aymara, è stato eletto per la prima volta nel 2005 con il 54% dei voti e per il periodo 2006-2001. Ha promosso allora un’Assemblea costituente da cui è nata una nuova Carta magna e lo Stato plurinazionale, che ha codificato la dichiarazione dell’Onu sui popoli indigeni e ha fornito il quadro per la nazionalizzazione delle risorse naturali del paese.

Nel 2009, dopo il referendum sulla costituzione, Evo è stato confermato nell’incarico fino al 2015, con il 64%. Benché la costituzione preveda la rielezione del presidente solo per due volte, la Corte costituzionale ha riconosciuto che il primo mandato decorre dalla rifondazione del nuovo stato e quindi Morales ha potutocandidarsi per il 2015-2020. E se il Mas ottiene la maggioranza dei due terzi del parlamento – dicono gli oppositori – potrà promuovere un referendum di modifica della costituzione per contemplare un altro mandato.

Oggi, e sotto gli occhi di oltre 170 osservatori internazionali, gli elettori votano anche per rinnovare gli esponenti di entrambe le camere del Congresso: 36 senatori (4 per ognuno dei 9 dipartimenti) e 130 deputati. La legge elettorale del 2010 ha introdotto diverse modifiche per garantire la «democrazia diretta, partecipativa e rappresentativa». Per la prima volta possono votare i residenti all’estero (272.000 in 33 paesi), anche se solo per il presidente e il vicepresidente. Il voto è obbligatorio a partire dai 18 anni e la partecipazione delle donne rappresenta il 52% dei candidati a tutte le cariche di governo. Il tema di genere è stato fortemente al centro della campagna elettorale, sintetizzato dallo slogan con cui le donne hanno manifestato: «Maschilisti, fuori dalle liste».

Questi anni di «socialismo indigeno» hanno certamente cambiato il volto del paese. Nel 2008, l’Unesco ha dichiarato la Bolivia territorio libero dall’analfabetismo. Con l’aiuto dei medici cubani, la situazione sanitaria è notevolmente migliorata. Grazie alle politiche di ridistribuzione della rendita petrolifera, la qualità di vita dei boliviani è aumentata e la povertà estrema è scesa drasticamente: e la sinistra lamenta l’emergere di una «borghesia aymara». Morales è riuscito a portare «il poncho al potere» e la foglia di coca nelle stanze di governo. Anche la condizione delle donne è migliorata. All’inizio dell’anno si è votata la Legge integrale per garantire alla donna una vita libera da violenza per punire 16 forme di aggressione. Tuttavia, la società resta ancora fortemente patriarcale, la violenza di genere è fra le più elevate dell’America latina e la percentuale di donne che muore per gli aborti clandestini, è molto alta (480 vittime all’anno, se si prendono per buoni i dati della ong Oxfam).

Secondo le previsioni de Fondo monetario internazionale (non certo un interlocutore di Morales), la Bolivia farà registrare una crescita economica del 5,2% per il 2014, la più alta dell’dell’America latina: superiore a quella della Colombia (+ 4,8%) o dell’Equador (+4%). In 8 anni, la Bolivia ha triplicato la sua ricchezza e le esportazioni hanno continuato a crescere: per l’aumento dei prezzi delle materie prime, dovuto ai buoni risultati dell’economia cinese, ma anche per la buona gestione del «presidente cocalero» e per le tasse imposte alle grandi imprese dopo la «nazionalizzazione degli idrocarburi» del 2006. Una gestione inclusiva che Evo ha promesso di approfondire, chiudendo la campagna elettorale nelle zone più povere di Cochabamba.