«Mi piace riflettere sui codici dell’immaginario e sovvertirli. Ci gioco, li prendo, li trituro e li riassemblo in un altro contesto», afferma Natacha Lesueur (Cannes 1971, vive e lavora a Parigi) in occasione della personale Come un cane ballerino, curata da Christian Bernard all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici (fino al 9 gennaio 2022).
La fotografa, che si è formata alla scuola d’arte di Villa Arson a Nizza, è stata borsista a Villa Medici nel biennio 2002-2003. Questo retour ripercorre la sua ricerca, iniziata nei primi anni novanta, da sempre incentrata sulle diverse sfaccettature del femminile – corpo, apparenza, atteggiamento, relazione tra stato d’animo e contesto – con uno sguardo che tende a sovvertire gli stereotipi di una narrativa prevedibile. Il titolo della mostra rimanda al saggio Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, in cui la scrittrice e attivista britannica analizzava la condizione femminile in una società che all’epoca era regolata da convenzioni oppressive, riflesso di una profonda misogina verso le donne in generale, ma soprattutto nei confronti delle artiste.
L’inizio del percorso espositivo, che Lesueur considera un vero e proprio prologo, è affidato al concetto di maternità e trasmissione generazionale con la sequenza fotografica Sans titre (2010), che ritrae la madre adottiva di Natacha. «La sua figura per me era doppiamente importante, sia per la sua identità nella rappresentazione di mia madre che della maternità secondo un’accezione che non è necessariamente quella classica», afferma l’artista. Di fronte a queste fotografie a colori è posto, in maniera speculare, il disegno in bianco e nero con il suo autoritratto. Entrambe, poi, sono raffigurate nell’atto di ridere con i denti tinti con lo stesso rossetto rosso che colora le labbra. Un gesto liberatorio che sottolinea la dimensione ironica in cui il soggetto gioca con la rappresentazione della propria condizione esistenziale. «La fotografia rappresenta uno spazio fantasmatico, però fissa e pone delle rappresentazioni che possono essere formanti e anche deformanti dell’identità».
Punto cardine tra i due lavori è il wall paper La femme sertie (2019), che presenta un rassicurante (ma solo apparentemente), motivo decorativo floreale come sfondo da cui emerge un corpo femminile deformato dalla gestazione con piccole vagine sovrapposte alle unghie delle molteplici mani. Anche in questo caso il livello metaforico conduce al processo di una «connessione crimpata». Bernard definisce l’opera di Natacha Lesueur «un universo visivo di contraffazione, ibridazione e contaminazione tra materiali, ricco di forme provenienti dalla pittura, dalla scultura o dalla performance, che sconvolge i codici del ritratto fotografico consegnandolo al regno dell’ambiguità, dell’equivoco e della follia». In questa dimensione metalinguistica si collocano anche le fontane antropomorfe che vedono l’impiego di diversi materiali, tra cui alcune parrucche di capelli finti.
Le acconciature, in particolare, conferiscono una specifica simbologia ai volti femminili che la fotografa ritrae sistematicamente negli anni. Tra i più iconici si riconoscono Maria Antonietta e Carmen Miranda (Maria do Carmo Miranda da Cunha interpretata dalla modella Anais) unite, al di là del tempo e delle storie private e pubbliche, dal destino tragico. La prima è raffigurata con la stravagante acconciatura detta «pouf au sentiment», mentre della cantante e attrice brasiliana che l’industria cinematografica hollywoodiana trasformò in diva, definendo i due estremi della sua breve vita tra ascesa e declino, è protagonista il turbante di frutta esotica. «I capelli, ma anche la pelle e la bocca, sono motivi molto ricorrenti nella mia rappresentazione anche per la loro dimensione intermediaria tra interiorità ed esteriorità. Dal punto di vista sociale l’acconciatura e i capelli sono uno status symbol soprattutto in relazione alla donna. In francese c’è un vecchio modo di dire – pas le coiffeur a pas de vêtements – che indica che il non avere una capigliatura acconciata equivaleva ad essere senza vestiti, ovvero una prostituta. Oggi questa pressione sociale è meno forte ma ce ne sono molte altre, come appare evidente dalle pubblicità. Non si deve invecchiare, ad esempio, per questo si promuovono le creme di bellezza e le tinture per i capelli».
Nella recentissima serie Les Humeurs des Fées (2020-2021) i capelli grigi delle inquietanti fate-spose, tanto emancipate quanto contradditorie nell’ambire come in passato alla realizzazione sociale attraverso il matrimonio, appaiono adornati di razzi, miccette, fiamme e fumi colorati. Un fuori programma s’insinua nella scena conferendole un risvolto potenzialmente esplosivo. Una rilettura della «mitologia della sposa», quella di Natacha Lesueur, che sconfina dal fascino seduttivo della magia al turbamento del sortilegio, dal sogno all’incubo.