Quando il graphic novel incontra il jazz al centro della trama troviamo normalmente personaggi leggendari, dai contorni che si perdono nel mito, con vite spinte all’eccesso. La musica ha prodotto copiosamente questo tipo di jazzisti: abbiamo tavole che raccontano Charlie Parker, John Coltrane, Fats Waller, Chet Baker. Spesso lo fanno bene, anche se il super cliché del «genio e sregolatezza» ipoteca pesantemente il lavoro del soggettista. Eppure Muñoz e Sampayo riescono a evitare le trappole del banale affrontando un monumento alla genialità infelice come Billie Holiday, mentre Massarutto e Squaz non arretrano dietro alla mole (letterale e figurata) di Charles Mingus. Il graphic novel Blue in Green (Ram V, Anand RK, John Pearson, Aditya Bidikar, Tom Muller, Ryan Brewer, Edizioni BD) si muove in tutt’altra direzione: parte da un personaggio di fantasia del sottobosco jazz odierno e lo immerge in un noir dai contorni incerti. Frutto del lavoro di un team dove ogni dettaglio, compreso il lettering o il design, è curato. Quest’ultimo si ispira allo stile dell’etichetta Blue Note di metà anni Cinquanta; un marchio di fabbrica talmente riconoscibile e potente da rappresentare agli occhi del lettore il mood del jazz di un certo periodo storico. La bellezza della copertina e del design non ci devono sviare: l’opera è ricca di spunti. La storia imbastita da Ram V (anche autore Marvel), si discosta dai cliché narrativi per scavare nella vita di un insegnante di musica alle prese con il proprio passato. Cosa succede quando le vite precedenti non tolgono il disturbo? Come si comporta l’arte in tutto questo? Domande serie. I disegni sono onirici, notturni, eppure carichi di colore; Anad RK con perizia entra nei personaggi e li fa recitare sulla pagina. E il jazz? Se ne trova moltissimo: nello svolgimento della storia, nella composizione delle pagine, nei dialoghi brucianti o malinconici tra i protagonisti che ricordano l’estetica del blues. L’ingrediente jazz è dosato al meglio, non diventa mai un trucco per catturare il lettore. Il titolo è la cosa più «normale», arrivando da una delle composizioni più belle di Miles Davis, tratta dal capolavoro Kind of Blue; ma l’ascolto del brano Blue in Green durante la lettura, con il suo incedere dolente, acquista un suo senso. Chiudono il volume una galleria di immagini dove trionfa il citazionismo verso le celebri grafiche Blue Note (puro godimento per gli occhi) e contenuti extra che mostrano il dietro le quinte di sceneggiatura e composizione.