o nato nel terzo millennio, a mezzanotte e un secondo come racconta la mamma alla festa di capodanno, e anche di compleanno del ragazzo. Un’età simbolica di una generazione – quella che i media chiamano generazione z dei «nativi digitali» racchiudendo in una formula ciò che necessariamente sfugge alle categorie – di un modo nuovo e allo stesso tempo universale di vivere il mondo e, per chi ha l’età di Kevin e della sua fidanzata Miryam, di farne giorno per giorno la scoperta.
I due ragazzi sono i protagonisti di Blocconove, il documentario di Federico Frefel, Léa Delbés e Michele Silva – anche autori del soggetto – in programma oggi, in concorso, alla quattordicesima edizione del Salina Doc Festival che nell’anno della pandemia si tiene a Roma, all’Orto botanico, per poi spostarsi sull’isola siciliana dal 24 al 26 settembre.

KEVIN, che si allena per diventare un calciatore, e Miriam vivono a Niguarda, alla periferia di Milano, una sorta di mondo a parte nell’estate raccontata dal documentario passata sempre insieme sempre insieme dai due ragazzi nella città deserta – che ad agosto che sembra abitata solo da loro, dalla loro storia d’amore, gli occasionali incontri con gli amici in piscina, sulle panchine al parco, davanti al supermercato aperto 24 ore su 24 o fra le mura di casa dove Myriam e la sorellina pubblicano le loro storie su Instagram. Anche la tecnologia, gli smartphone, sono parte del racconto, della loro storia: finestre sul mondo e canali di relazione oltre i palazzi del quartiere, fonti di musica, passioni, scambi. Ma in fondo il rapporto fra i due ragazzi è senza tempo e universale: i giochi, gli scherzi e le carezze, la paura e il desiderio del cambiamento. «Le storie di periferia rappresentano per noi un modo affascinante di raccontare la realtà. Miriam e Kevin ci hanno subito attratti per la ricchezza di spunti simbolici offerti dalla loro vita», scrivono Silva, Frefel e Delbés.

LA PERIFERIA, il luogo da cui «fuggire» o in cui restare intrappolati è infatti parte della stessa storia d’amore, orizzonte delle sue prospettive, come il trasferimento di Kevin insieme alla sua famiglia che incombe alla fine dell’estate, determinando letteralmente la conclusione di una stagione della vita, l’ingresso in un’età nuova su cui incombono più domande che risposte.
«Data la natura di questo progetto abbiamo ritenuto importante far derivare il lavoro anche da una buona conoscenza dei luoghi – aggiungono i filmmaker – e delle situazioni frequentati da Miriam e Kevin. Ci siamo quindi addentrati nelle loro giornate ma non abbiamo voluto un approccio rigidamente osservativo e nel corso dell’estate abbiamo costruito con loro un metodo di lavoro». È la giovane coppia infatti la protagonista assoluta di questo «romanzo di formazione», gli sguardi che i due adolescenti si rivolgono a vicenda mentre tutto il resto non è che lo sfondo, resta fuori dai bordi dell’immagine, anche se preme per entrare nelle loro vite con l’avvicinarsi inesorabile della fine dell’estate.