Da un governo confuso, e messo alle corde dallo sciopero generale della scuola del 5 maggio e dal successo della protesta contro l’Invalsi indetta dai Cobas e dagli studenti, arrivano reazioni scomposte e minacciose.

L’avvertimento ai docenti che potrebbero aderire allo sciopero degli scrutini (non ancora dichiarato, ma ipotizzato da Cobas e Snals) è partito ieri dalle colonne de Il Sole 24 ore: il presidente della commissione di garazia sugli scioperi Roberto Alesse ha preannunciato la precettazione dei docenti. Poi, in giornata, ha precisato che, al momento, non c’è alcuna comunicazione «ufficiale» e «anzi ci sono segnali incoraggianti dal governo e dai sindacati più responsabili». Una distinzione che non trova corrispondenza nella realtà, visto che la stragrande maggioranza dei sindacati sono uniti contro il Ddl Renzi-Giannini-Pd sulla scuola che ieri ha iniziato l’iter finale alla Camera con una prolusione della ministra dell’Istruzione Giannini. In una nota Alesse ha invitato a un «punto di convergenza» per evitare «azioni illegittime che danneggerebbero gli studenti e le famiglie». Lo «sciopero degli scrutini è illegittimo e dannoso e la concertazione è la via maestra».

Pronta è stata la risposta di Piero Bernocchi dei Cobas che ieri hanno anche diffuso un «vademecum» sul blocco degli scrutini. «Un intervento a sproposito – ha commentato Bernocchi – Il suo ruolo è solo quello di giudicare la congruità degli scioperi convocati con la legge capestro 146/90, a suo tempo definita “anti-Cobas” e “anti-sciopero”: le precettazioni spettano eventualmente ai prefetti». La legge sostiene che è lecito scioperare per due giorni consecutivi durante gli scrutini, senza coinvolgere le ultime classi dei corsi di studio. Oltre i due giorni sono previste sanzioni pecuniare, ma non le precettazioni. I Cobas hanno rivolto un appello ai sindacati maggiori per convocare due giorni consecutivi di sciopero dopo la fine delle lezioni da articolare su base regionale e poi consultare docenti e personale Ata sulle modalità per proseguire il conflitto con il governo. I Cobas propongono un incontro durante la mobilitazione a Montecitorio tra il lunedì 18 e mercoledì 20, giorno in cui il Ddl scuola dovrebbe essere approvato dalla Camera. C’è anche la proposta di convocare una manifestazione nazionale domenica 7 giugno per chiedere il «ritiro del Ddl».

Fibrillazioni, nervosismo, ansia. Man mano che si avvicina l’ora X alla Camera i toni si fanno più duri. Chissà cosa accadrà al Senato. Oggi dalle 16,30, a piazza del Pantheon a Roma, i sindacati della scuola Flc-Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda di Roma e Lazio – il fronte che ha organizzato lo sciopero generale del 5 maggio – hanno promosso l’assemblea pubblica sulla riforma della scuola alla quale sono stati invitati i parlamentari di Camera e Senato. La prima risposta è arrivata da Arturo Scotto di Sel che in queste ore sta affrontando, con Vendola, un duro confronto sulla riforma senza esclusioni di colpi con i custodi del verbo renziano nel Pd: «Da Renzi la scuola subirà un colpo e gli insegnanti verranno relegati ad un ruolo marginale». All’assemblea parteciperà l’ex viceministro del governo Letta Stefano Fassina che ha annunciato di volere lasciare il Pd «se non ci saranno modifiche radicali». «Il problema è l’impianto verticistico della governance della scuola previsto dal Ddl – sostiene Fassina riferendosi al «preside manager» o «sceriffo» – e un piano pluriennale di assunzione per i docenti abilitati precari. Su questo non ci siamo».

Toni durissimi dal Movimento 5 Stelle che avverte: «La situazione è grave, fuori e dentro la Camera – sostiene il capogruppo in Commissione Cultura Simona Valente – Anche se il voto non è formalmente una fiducia, questo è un altro atto anti-democratico di un governo che vuole zittire il parlamento e che gioca sulla pelle della scuola». I Cinque Stelle volevano ripresentare 700 emendamenti alla «Buona Scuola». «Segnaleremo i nostri 246, anche in questa occasione ci è stata imposta una tagliola». La «letterina» e il «video» diffusi da Renzi per sensibilizzare sulle ragioni della sua riforma sono stati definiti «ridicoli» da Alessandro Di Battista (M5S). Come la Lega e Sel, i Cinque Stelle presenteranno una mozione di sfiducia contro la ministra Giannini.

L’intervento di quest’ultima ieri alla Camera, come le dichiarazioni al Gr Rai, hanno cercato di sminuire o delegittimare l’ampio fronte della protesta: «Il preside-sceriffo? Non ho visto pistole. Restituiamo al dirigente scolastico la responsabilità delle sue decisioni» ha detto Giannini che ha celebrato una «svolta culturale per il paese». Quella del sogno di un’autonomia immaginata a misura di uno solo: il dirigente, appunto. E poi: «Non siamo paladini dei precari \[della scuola\], ma eliminiamo il precariato». Dichiarazioni antipatizzanti che confondono il «precariato» da abolire con i «precari» che ne faranno le spese. Una strategia che fino ad oggi ha rafforzato l’opposizione.