Blob elettorale, noi con De Niro nella fumeria d’oppio
Televisione Magari non è stato Berlusconi ad averci bloccato molte delle possibilità che avevamo, non penso solo alla tv, per costruire una industria culturale moderna, ma certo in questi trent’anni avremmo potuto far crescere questo paese come avrebbe meritato
Per trent’anni, nel bene e nel male, abbiamo pensato a Berlusconi. Fino a non poterne più.
Lo abbiamo odiato, lo abbiamo amato, lo abbiamo imitato, abbiamo sentite mille imitazioni possibili, abbiamo sentito le sue terribili barzellette, e ne abbiamo riso proprio perché terribili, abbiamo fatto l’elenco di tutte quelle che si era trombato e di quelle che forse si era trombato e di tutte quelle che si sarebbe voluto trombare in un prossimo futuro.
Lo abbiamo lasciato entrare nella nostra testa e Berlusconi ha invaso gran parte del nostro immaginario. Anche se, come sempre capita in Italia, per anni, fino a Loro di Paolo Sorrentino, nessuno è mai riuscito a fare davvero un film su Berlusconi, il suo potere, le sue cene eleganti. E solo Paolo Virzì ha osato fare battute nei suoi film su di lui.
Tutti eroi in Italia. Si sa. Ricordo che nei primi mesi del primo governo Berlusconi, ogni mattina leggevamo i giornali per capire cosa stava cambiando in Italia, come stavano cambiando i giornalisti, come stavamo cambiando noi.
Ci eravamo svegliati, anche nella Raitre di Angelo Guglielmi, dove allora facevo Blob, avanguardisti berlusconiani. Circondati da berlusconiani che fino al giorno prima non sembravano berlusconiani. E dovevamo capire non tanto da che parte stare, ma cosa avremmo fatto in questo nuovo contesto politico del paese. Ricordo che alla fine di un blob elettorale vinto appunto dalla destra, misi il volto di Robert De Niro nella fumeria d’oppio del finale di C’era una volta l’America di Sergio Leone. Il suo sguardo sperduto alludeva all’unico posto dove mi(ci) sarebbe piaciuto stare.
Come si poteva convivere con Berlusconi, che in fondo, tanti, anche a Raitre, vedevano come (in fondo) un uomo di spettacolo, «uno di noi»? Potevamo convivere facilmente, da uomini di spettacolo, con Funari, con Giuliano Ferrara, con Sandra Milo, con Minoli, le star di quella che di fatto mi sembra ancora la Golden Age della tv, che va dai primi anni ’90 all’inizio del primo governo berlusconiano, che tutto annientò.
Dal punto di vista eccezionale che poteva darmi un programma come Blob, il programma bandiera della Raitre di Guglielmi, anche gli eroi della tv berlusconiana degli anni ’90, erano in fondo parte integrante dello stesso spettacolo. Berlusconi compreso.
Ma non potevamo convivere al tempo stesso con Berlusconi Presidente del Consiglio e con la tv berlusconiana e con la nostra immagine che avrebbe dovuto essere indifferente ai cambiamenti della nuova situazione politica del paese e della tv. Che non toccava più solo le logiche aziendali delle reti Mediaset, ma presto anche quelle della Rai.
La berlusconizzazione della Rai, in una Rai che si era illusa per un attimo di poter almeno de-craxizzare Raidue, ma Mani Pulite non è mai arrivata a mettere il naso su programmi e film Rai, fu allora qualcosa che vedemmo come una violenza estrema che penetrava nelle nostre stesse carni. E la sveglia mattutina era uno shock degno almeno della pandemia.
In un momento che, per chi l’ha vissuto, vedeva una corsa piena verso una vera rivoluzione culturale televisiva.
Ci eravamo illusi, nei primi anni ’90, che grazie ai nostri programmi, l’Italia potesse davvero cambiare. E, alla fine, non siamo riusciti nemmeno a liberarci da Bruno Vespa o da Michele Guardì. E, intanto, stavamo diventando tutti più vecchi e stanchi.
Ma credo che il risvegliarsi in una paese berlusconiano con una tv berlusconiana, per tanti di noi che facevano tv o cinema, stabilì uno scollamento dal sogno di una nuova tv che ancora oggi paghiamo.
Mentre i nostri figli, nati con i computer, i videogiochi, Supermario e Supersilvio, hanno sentito da subito la presenza di Berlusconi e dell’antiberlusconismo, spesso più pericolosi dell’antimafia, nella loro vita e se lo sono portati dietro come un fardello. Magari meno pesante del nostro, perché non così ideologico, fortunatamente, ma comunque opprimente.
E poi, comunque, durante questi trent’anni, non siamo sempre vissuti sotto il berlusconismo. Penso solo all’esperienza della Raidue di Carlo Freccero del 1996, che non solo riprese programmi e personaggi lasciati indietro dall’invasione berlusconiana, ma che cercò di stabilire un ponte coi programmi Mediaset dello stesso periodo pensando a un superamento dello scollamento che il primo governo Berlusconi ci aveva procurato. E anche lì arrivò nel 2000 un bagno addirittura peggiore di quello del 1992.
Magari non è stato Berlusconi ad averci bloccato molte delle possibilità che avevamo, non penso solo alla tv, per costruire una industria culturale moderna, ma certo in questi trent’anni avremmo potuto far crescere questo paese come avrebbe meritato.
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