Mentre infuria la guerra in Ucraina e la diplomazia di tutto il mondo cerca di evitare ulteriori escalation, l’Italia manda una delegazione in Algeria. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio viene accompagnato dall’amministratore delegato di Eni Claudio De Scalzi per la caccia al gas africano che deve sostituire le forniture russe a rischio per il conflitto. «L’obiettivo è tutelare le imprese e le famiglie italiane da questa guerra», ha detto Di Maio appena arrivato a Algeri.
La «missione lampo» è stata un «successo», seppur scontato. Dall’Algeria infatti parte già il gasdotto Transmed – denominato Enrico Mattei -, costruito dall’Eni a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 e raddoppiato nel 1997. Dopo il passaggio in Tunisia la pipeline attraversa il mar di Sicilia, sbarca a Mazara del Vallo e risale tutta la penisola fino a Minerbio (Bologna) con i tubi gestiti da Snam. La gestione in Tunisia è della compagnia statale Sonatrach, ben felice di aumentare la produzione attuale che ha trasportato nel 2021 11 miliardi di metri cubi gas per conto di Eni, tre per conto di Enel e uno per conto di Edison.
Dunque il gas algerino – «sempre molto affidabile», sottolinea Di Maio nell’incontro con la delegazione governativa di Algeri – compenserà il gas russo che potrebbe venire presto a mancare all’Italia, che da Mosca ottiene ora il 40% delle sue forniture, in grande aumento negli ultimi dieci anni (nel 2013 eravamo al 30%). l’Algeria invece ha avuto una parabola inversa: prima del 2019 era il primo fornitore, poi (con il governo Lega-M5s Conte I) calata nel 2021 al 28% del fabbisogno italiano di gas. Ieri Eni e la compagnia Sonatrach hanno sottoscritto l’impegno a aumentare la produzione in Algeria per «forniture aggiuntive nel breve, medio e lungo periodo». De Scalzi aiuterà gli algerini «a rafforzare la capacità di estrazione».
Dunque Eni aumenterà sensibilmente i suoi profitti ma nessun cenno è stato fatto a tassare i suoi extraprofitti per ridurre le spese pubbliche per calmierare gli effetti del caro gas.
Ad Algeri il titolare della Farnesina ha avuto colloqui con il presidente Abdelmadjid Tebboune, con il ministro degli Esteri Ramtane Lamamra. Con Lamarra, ha detto Di Maio, «abbiamo discusso anche di come aumentare la nostra collaborazione sulle energie rinnovabili nel campo dell’eolico, del solare e dell’idrogeno verde, anche adattando le infrastrutture del gas per il trasporto dell’idrogeno».
Su questo versante dall’Italia arriva l’invito pressante delle associazioni ambientaliste – e incredibilmente anche di Confindustria a puntare da subito a energie alternative al carbone (con le centrali spente che potrebbero essere riaccese, come anticipato da Draghi) e al gas. «Esiste già una strada da percorrere, totalmente green e sostenibile: eolico offshore e a terra, fotovoltaico sui tetti, agrivoltaico, biometano, accumuli, pompaggi, reti, efficienza in edilizia e per le industrie, pompe di calore e poi la creazione di un fondo di garanzia per le famiglie per incentivare l’efficientamento energetico e la diffusione delle comunità energetiche rinnovabili», spiega Legambiente. «È evidente – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – che il conflitto Russia-Ucraina sia legato alle fonti fossili. È ora di dire basta a questa insensata e inutile corsa al gas. Il governo punti davvero su rinnovabili, efficienza e autoproduzione, varando le necessarie semplificazioni e definendo una strategia che vada nella direzione di quanto proposto da Elettricità Futura di Confindustria sull’autorizzazione entro l’estate di nuovi 60 GW di rinnovabili da realizzare nei prossimi 3 anni. È assurdo pensare di riaprire le centrali a carbone e puntare su nuove forniture di gas dall’estero», conclude Ciafani.