Venti persone considerate appartenenti al clan Casamonica sono state arrestate dalla polizia su richiesta della Dda con l’accusa di associazione di stampo mafioso, usura, estorsione e intestazione fittizia di beni.

L’operazione ha portato al sequestro di beni per un valore di 20 milioni di euro. La maggior parte dei fatti e delle attività sotto accusa si trovano alla Romanina, alla periferia sud-orientale della capitale. In un’intercettazione considerata dagli investigatori decisiva, Guido Casamonica sostiene che il clan «protegge Roma» dalle incursioni di camorra e ‘ndrangheta.

Gli inquirenti sostengono che questa difesa ostentata del territorio è l’ennesima prova della natura mafiosa del sodalizio, che opererebbe con caratteristiche «autoctone» e grazie ad una struttura orizzontale. Non esiste un boss che comanda su tutti, ma singole famiglie unite da vincoli di parentela e decise a proteggersi a vicenda, anche se nella ricostruzione della storia pluriennale del clan non mancano scontri interni e persino sparatorie per motivi sentimentali. «Tuttavia, a seconda della zona di competenza, ogni nucleo familiare ha la sua autonomia e il suo capo.

Il capo del singolo nucleo familiare, di solito, è il padre o il primogenito», si legge nell’ordinanza che ha disposto gli arresti. Uno dei core-business dell’organizzazione sarebbe l’usura, attività che secondo i magistrati avrebbe trovato nuove possibilità di sviluppo per la crisi economica legata al Covid-19. Il che avrebbe accelerato i tempi e spinto la procura a chiedere gli arresti.