Il bitcoin sfonda il tetto dei 68.000 dollari, segnando un nuovo record. Il progetto di valuta digitale decentralizzata che qualche giorno fa ha compiuto 13 anni è in assoluto il leader di mercato di una rivoluzione, quella delle cryptomonete, oggi arrivate a capitalizzare 3.000 miliardi di dollari, Per capire la portata della rivoluzione di questa moneta il cui primo prezzo fu il costo di due pizze margherita e che non richiede l’intermediazione delle banche, si pensi che al secondo posto per valore di mercato c’è ethereum, la seconda criptovaluta più popolare, che vale 4.814 dollari..

Dietro di loro altre 10.000 diverse monete virtuali secondo il monitoraggio di CoinGecko, che arrivano a valere pochi centesimi di dollaro come Shiba Inu, DogeCoing, Bat e altre.

A cosa servano tutte queste micromonete è ancora da capire, al contrario il bitcoin ha realizzato l’utopia di essere la banca di se stessi e di costituire un circuito di scambio tra pari, senza commissioni e vincoli e di “battere”, cioè di creare moneta, dal nulla, riaffermandone il valore di scambio come è sempre stato dall’antichità.

Il bitcoin (con la b minuscola quando si parla della moneta e Bitcoin con la maiuscola quando si parla della sua rete di scambio) ha colpito profondamente l’immaginario di tutti e che, a seconda di chi ne parla, è un oggetto speculativo e criminale oppure il nuovo Eldorado. Eppure dal mese scorso è entrato trionfante nei futures statunitensi consentendo agli investitori di scommettere sull’ascesa della criptovaluta senza lasciare Wall Street. Il motivo del successo in borsa? Alcuni investitori ritengono che le criptovalute siano un modo per proteggersi dall’inflazione, in aumento in Europa e Nord America. Perché? Perché a differenza dell’euro o del dollaro, il numero di bitcoin è stato fissato a 21 milioni, che vengono emessi gradualmente, regola che non può essere modificata senza controllare l’intera rete decentralizzata.

E però c’è un modo per controllare i bitcoin: comprandone e vendendone grandi quantità. 

Ma chi può farlo? Ovvero, chi ne possiede così tanti da poter influenzare la legge della domanda e dell’offerta che ne regola il valore? Sicuramente un vasto numero di appassionati di tecnologia e trading online, stati come El Salvador e diverse banche ne hanno una discreta quantità, ma 1,1 milioni di bitcoin sono ancora nel portafoglio, il wallet, del suo inventore, Satoshi Nakamoto, pseudonimo di chi il primo novembre 2008 ne realizzò il progetto. Se quei bitcoin entrassero nel mercato lo sconvolgerebbero. Ma Satoshi è sparito da 10 anni e nessuno sa niente di lui.

Al contrario, alcuni degli uomini più ricchi del mondo ne hanno a pacchi. Uno di questi è Elon Musk, il patron di Tesla, secondo uomo più ricco del mondo con circa 150 miliardi di dollari la cui azienda ha in bilancio circa 43 mila bitcoin per un valore che si avvicina ai 3 miliardi di dollari.

Ecco, lui può influenzare pesantemente il mercato e non gli serve comprare o vendere i bitcoin, gli basta usare i media per cambiarne le fortune.

Quando l’8 febbraio 2021 Tesla ha annunciato un investimento da 1,5 miliardi in criptovalute aprendo alla possibilità di acquistare le proprie auto in bitcoin la moneta digitale è schizzata a 44 mila dollari in poche ore. Ma il 13 maggio Musk successivo ha sconfessato il bitcoin, sempre via Twitter, facendo scendere la cryptovaluta dai 58 mila dollari ai 27 mila di un mese dopo. Nelle ore successive al tweet di Musk si è calcolato che il mercato delle crypto abbia bruciato 370 miliardi. Anche sui bitcoin la speculazione funziona.