Biotestamento, la maggioranza resiste alle votazioni segrete
Senato Bocciati tutti gli emendamenti e approvati gli otto articoli, oggi il voto finale sulla legge. Stamattina a Montecitorio sit in dell’Associazione Luca Coscioni e Radicali italiani
Senato Bocciati tutti gli emendamenti e approvati gli otto articoli, oggi il voto finale sulla legge. Stamattina a Montecitorio sit in dell’Associazione Luca Coscioni e Radicali italiani
Serviva una macchina da guerra come il leghista Roberto Calderoli alla presidenza, ieri al Senato, per recuperare tutto il tempo perso sul biotestamento e trasformare in carta straccia le centinaia di emendamenti che ancora rimanevano da votare dei 3005 presentati in forma ostruzionistica, in una maratona lunga un giorno. Approvati tutti gli otto articoli del testo, non resta ora che la votazione finale prevista per oggi. I lavori riprenderanno questa mattina alle 9, con un anticipo di due ore rispetto al calendario iniziale, con le dichiarazioni di voto. E poi presumibilmente l’Italia avrà per la prima volta una legge sul fine vita, dopo oltre undici anni di dibattiti un po’ triti (Luca Coscioni morì nel febbraio 2006, Piero Welby a dicembre dello stesso anno, Eluana Englaro nel febbraio 2009, ma gli argomenti usati in questi giorni dagli oppositori alla legge sono gli stessi di allora).
Oltre nove ore di interventi e voti a ciclo continuo – «qualunque vescica ha un limite», si è scusato a un certo punto verso sera il presidente di turno Calderoli interrompendo brevemente la seduta, e poco dopo si è beccato pure un «lei non faccia il giannizzero in questa vicenda» da un deluso Maurizio Gasparri – che non ha riservato grosse sorprese, neppure nei passaggi più temuti, come quando, alla seconda votazione segreta delle 23 richieste dal centrodestra e ammesse, si è evitata la trappola tesa dagli “iperattivi” Giovanardi, Quagliariello, Sacconi, Gasparri e Rizzotti sulla nutrizione e idratazione artificiale che i senatori non avrebbero voluto annoverate tra i trattamenti sanitari rifiutabili. La maggioranza trasversale ha tenuto bene, variando da 168 a 144 di minima i «no» con cui sono stati respinti a scrutinio segreto tutti i tentativi di modificare il testo per affossarlo. E perfino nel centrodestra c’è stato chi, come il leghista Jonny Crosio, ha ammesso di aver supportato la maggioranza perché «non siamo un partito confessionale, c’è libertà di coscienza e io questa legge la voto».
«Se gli emendamenti vengono scritti con le stesse parole è normale che poi ti cangurano, è chiaro?», ha tentato di spiegare Calderoli a quella “sua” parte di emiciclo che si agitava nel veder andare in fumo decine di emendamenti a ogni votazione. A volte non senza qualche ragione, perché il testo che norma le Disposizioni anticipate di trattamento è tanto arretrato rispetto al diritto di ciascun cittadino di autodeterminare il proprio fine vita (l’ultima parola spetta comunque al medico e c’è spazio per l’obiezione di coscienza) quanto a tratti confuso. Come nel caso dei registri che tutte le Regioni dovranno istituire per raccogliere le Dat, prevedibilmente con criteri e modalità a macchia di leopardo che potrebbero creare non pochi disagi, tanto che al comma 7 dell’articolo 4, dove si parla di banche dati, si lascia al «firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili». In ogni caso, non esiste un registro delle Dat a livello nazionale, come erroneamente indica la manovra di bilancio che ha stanziato 5 milioni di euro per la sua gestione, e che perciò andrà modificata. Anche se la dem Emilia De Biasi, relatrice in commissione Sanità che si è dimessa per accelerare l’iter della legge, assicura che non c’è alcun problema perché il registro nazionale va inteso come somma dei registri regionali.
Fin da questa mattina, con lo slogan «#Liberifinoallafine», l’Associazione Luca Coscioni e i Radicali italiani porteranno in piazza Montecitorio (perché davanti Palazzo Madama sono vietate le manifestazioni) alcuni dei protagonisti della ultra decennale battaglia per la libertà di scelta. «Una battaglia necessaria e urgente, come conferma il processo che vede Marco Cappato imputato per aver aiutato Dj Fabo ad affermare la propria volontà, e che continueremo a portare avanti – dichiarano i rappresentanti delle due associazioni – insieme alle decine di migliaia di cittadini che hanno firmato la legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, per rivendicare il diritto di ciascuno di scegliere come vivere e quindi anche come morire».
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