L’indipendenza economica, l’accesso la lavoro e la diffusione della proprietà proteggono dalla violenza maschile e danno alle donne la possibilità di costruire una vita al di là dell’oppressione. La tesi che alimenta le ricerche dell’economista indiana Bina Agarwal, vincitrice del premio Balzan per gli studi di genere nel 2017 e autrice del libro Disuguaglianze di genere nelle economie in via di sviluppo in uscita a febbraio 2020 per Il Mulino, è stata confermata empiricamente in India e nel Sud Est Asiatico.

«Ci sono molte regioni in Occidente dove è presente un simile livello di violenza contro le donne – osserva in un incontro a Roma organizzato dalla Fondazione Balzan e dall’Accademia Nazionale dei Lincei – In India è ancora più difficile sottrarsi alla violenza maschile perché molto spesso è difficile trovare i mezzi per trasferirsi».

La redistribuzione della proprietà per combattere la diseguaglianza sociale è un obiettivo degli economisti contemporanei. Thomas Piketty ne ha scritto in Il Capitale nel 21esimo secolo e nel libro più recente, non ancora tradotto in italiano, Capital et idéologie (Seuil). «Io studio la diseguaglianza intersezionale – osserva Agarwal – Per capire l’origine della diseguaglianza è necessario capire cosa succede nelle famiglie dove le donne subiscono le ingiustizie create dalla legge e dalle norme sociali che rafforzano il potere maschile».

In questa prospettiva rientra la lotta contro la povertà, un altro tema che trova un interesse crescente tra gli economisti dopo la crisi del 2008. Rispetto ai premi Nobel Esther Duflo, Abhijit Banerjee e Michael Kramer, Agarwal sostiene una differenza decisiva: «Usano in economia un metodo di controllo a campione adattato dalla ricerca in medicina. È un metodo valido come altri. A me interessa cambiare le istituzioni, a cominciare dalle leggi che applicano».
Il punto di partenza è l’autodeterminazione delle donne. Questo principio ispira tanto la ricerca di Agarwal quanto la sua applicazione da parte dei movimenti. È accaduto nel 2005 quando una campagna ha spinto al cambiamento in soli nove mesi dell’Hindu Succession Act e ha rimosso la discriminazione di genere in materia di diritti di proprietà.

In precedenza, Agarawai aveva studiato in maniera comparata le leggi sulla successione in Nepal, Bangladesh, India e Sri Lanka e ha decostruito il presupposto che le accomuna: la fonte del possesso della terra è l’eredità. In seguito, la riforma ha riconosciuto l’uguaglianza di genere, almeno formalmente. «Dopo 14 anni non esistono dati certi sugli effetti della riforma – racconta – Sappiamo però che solo una quota minima di donne ha ricevuto la terra per via ereditaria. Questa enorme differenza non dipende dalla legge in vigore, ma dalle norme sociali patriarcali che continuano ad esistere. Puoi cambiare le leggi, ma se non cambi il potere sociale è difficile sradicare la diseguaglianza».

Nei programmi di inserimento delle donne nel mondo del lavoro Agarwal ha osservato un effetto perverso: «Nei casi in cui le donne sono impiegate, ma il marito non lo è, ci sono state le più alte segnalazioni di violenza domestica». L’economista resta tuttavia convinta della necessità di proseguire sulla strada di una distribuzione della proprietà. «In Kerala, uno stato nel sud dell’India, abbiamo analizzato cinquecento famiglie urbane e rurali alla luce di due condizioni: il possesso sia della terra che della casa, di uno di questi beni, o di nessuno. Quando le donne non possiedono né casa né terra, il 49% ha subito una violenza domestica. Di coloro che avevano la terra, il 17% ha subito violenza. Di coloro che avevano una casa, il 10% l’ha sperimentata. E di coloro che avevano entrambi i beni, il 7% ha subito violenza».

Un’altra ricerca ha permesso di comprendere come il lavoro delle donne permette di raggiungere risultati migliori. In India e in Nepal ci sono foreste di proprietà comune. Negli anni Novanta sono state attribuite a comunità agricole per uso comune. I modelli di gestione composti per un terzo, o esclusivamente, dalle donne hanno dato un risultato migliore nelle coltivazioni e nella commercializzazione dei prodotti. «Quando hai un terreno o una casa, hai un’opzione di uscita credibile – commenta Agarwal – Se hai un posto dove andare, allora puoi andartene».