Nel 1976, esattamente quarant’anni fa, usciva nelle sale dell’arcipelago nipponico un film che sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo di una generazione di giapponesi e che avrebbe catturato nei 90 minuti di durata il succo di un’epoca. La pellicola in questione è God Speed You! Black Emperor, un documentario in bianco e nero diretto da Mitsuo Yanagimachi, regista di culto su cui ritorneremo più avanti, un film che continua ad essere (ri)scoperto ed amato anche dalle nuove generazioni per i motivi più svariati.

L’attenzione di Yanagimachi si focalizza qui su un gruppo di motociclisti appartenenti alla banda chiamata Black Emperor, quasi tutti giovanissimi e con tendenze ribelli e delinquenziali e ne segue, molto da vicino, le vicende in un lasso di tempo non molto lungo. Dapprima la macchina da presa si sofferma su un solo ragazzo che viene arrestato per aver distrutto un taxi e sulla sua tormentata relazione con i genitori, mentre nella seconda parte ci si sposta su altri membri della banda.

L’occhio del regista e dei suoi collaboratori segue da molto vicino le scorribande, le liti e le folli corse dei protagonisti in giro per una Tokyo notturna che magnificata dal filtro del bianco e nero non è mai risultata così «vera» e selvaggia.

Va detto subito quindi che se il film è riuscito a guadagnarsi quel posto speciale fra i cult movie a livello internazionale, molto lo deve alla rudezza ed alla granularità della pellicola in 16mm, a colori e con una produzione maggiore il documentario non avrebbe certamente restituito con tale forza, impatto e veemenza l’immagine di un’epoca. Del resto siamo nel pieno degli anni settanta, periodo che di lì a poco avrebbe visto l’avvento dei jishu eiga, i film autoprodotti e indipendenti, resi possibili anche se non soprattutto da una tecnologia leggera e a costi non proibitivi così da liberare il cinema giapponese dai suoi limiti.

Le vicende narrate restano ancora oggi di forte impatto per la potenza delle immagini e per la capacità di Yanagimachi di raccontare le vite di questi bosozoku, il termine che indica queste bande di motociclisti in Giappone fra i Settanta e gli Ottanta, quasi a 360 gradi. Vediamo i giovani centauri lanciarsi a tutta velocità per le strade delle metropoli, decisi a farsi notare e a scassare tutto, ma lasciata la spavalderia, il regista li mostra anche impegnati nelle loro relazioni domestiche, in un ambiente decisamente più «normale» dove ne escono quei giovanissimi «bambini» che sono. Una piccola nota sulla sottocultura bosozoku, un fenomeno che sarebbe esploso definitivamente di lì a poco fra la fine degli anni settanta e l’inizio del decennio successivo in manga ed in film, Crazy Thunder Road e Burst City di Sogo (ora Gakuryu) Ishii o il celeberrimo Akira, manga e lungometraggio.

Un altro elemento da notare in God Speed You! Black Emperor, specialmente nelle scene in motocicletta e quelle delle conversazioni in famiglia, è che l’azione è spesso ripresa da una o più macchine da presa e che il lavoro di montaggio, proprio perché non si nota, è decisamente magistrale. Questo per dire che al di là della semplicità, della naturalezza e della crudezza che le immagini possono avere a prima vista, dietro risalta un grande e sapiente lavoro di costruzione cinematografica. God Speed You! Black Emperor è il debutto con cui Yanagimachi si rivelò al pubblico giapponese, regista che nel corso degli anni avrebbe realizzato solo 8 film fra cui Himatsuri del 1985, forse il suo lavoro più compiuto.

matteo.boscarol@gmail.com